monastero dei Santi Cosma e Damiano sec. IX - 1495

Monastero benedettino femminile.
Le origini del monastero dei Santi Cosma e Damiano di Brescia sono ignote e diverse sono state nei secoli le teorie al proposito: dal V secolo e all'operato del vescovo Tiziano; all'VIII secolo e a Onorio, condottiero di un esercito longobardo; al IX secolo e al vescovo Onorio o al vescovo Notingo (Trotti 2000, pp. 45-55). Secondo i più recenti studi, la fondazione del monastero potrebbe risalire al periodo longobardo, tra il 670 e il 740 (Veronese 1987, pp. 362; Trotti 2000, pp. 56-57). In mancanza di ulteriori scoperte, appare più corretto datare l'origine del monastero alla prima metà del IX secolo (Veronese 1987, p. 362; Trotti 2000, p. 56) tenendo conto del "terminus ante quem" fornito dal primo documento noto pertinente al cenobio - che presenta peraltro complessi problemi di "traditio" - risalente alla seconda metà dello stesso secolo, in cui il monastero appare già attivo senza "alcuna indicazione che aiuti a stabilire da quanto tempo" (Trotti 2000, pp. 54-55). Per quanto concerne la figura del fondatore, essa è stata identificata a lungo con quella di vescovi come Tiziano e Onorio, di cui si hanno scarse notizie e di cui si riesce a datare solo approssimativamente il periodo di episcopato. Maggiori conoscenze si hanno invece su uno dei benefattori del cenobio, il vescovo Notingo, al governo della diocesi di Brescia negli anni 844-858 circa e di cui si fa menzione nella prima carta nota dei Santi Cosma e Damiano, - risalente agli anni 863-875 - in cui l'imperatore Ludovico II confermò al cenobio la corte di Valenzano, donata "pro remedio animae" dal vescovo, defunto. All'atto presenziava anche la badessa del monastero di San Salvatore - Santa Giulia, l'altro ente benedettino femminile della città esente dalla giurisdizione vescovile a differenza di quello dei Santi Cosma e Damiano che era stato beneficato da un vescovo e forse come si è detto fondato da un vescovo. Quali che siano il periodo e l'iniziatore del monastero, "nel IX secolo esisteva a Brescia un monastero dedicato ai Santi Cosma e Damiano ... femminile, guidato da una badessa ...in buon rapporto col vescovo" (Trotti 2000, p. 55). Pochissime notizie sul cenobio si hanno fino al XII secolo: prima di questo periodo si conserva, oltre al privilegio di Ludovico II, solo un altro documento risalente all'882 e che tramanda il nome della badessa Ardefusa (Trotti 2000, p. 68). La documentazione del cenobio riprende dall'anno 1152 e per quanto riguarda almeno i secoli XII-XIII "mostra l'immagine di un ente ecclesiastico di una certa importanza, con una solida base fondiaria, gestita di preferenza mediante investiture perpetue. Le disponibilità economiche del monastero paiono d'altronde essere state sufficienti a gran parte delle esigenze della comunità" (Merati 2002, pp. 82-83). Il patrimonio del monastero si concentrava a Brescia nella zona di Sant'Agata e nei Campibassi; nel suburbio a Mompiano, Lambaraga e nelle chiusure cittadine; sulla riviera bresciana del lago di Garda; nella bassa a Onzato e Dello; in Franciacorta a Valenzano, Camignone, Adro e Passirano (Zanolini 1990, pp. 64-77). Per quanto concerne la comunità monastica in quei secoli, essa appare composta da un consistente numero di monache in una "situazione di relativa complessità, nell'ambito della quale alla badessa e alla priora si affiancano detentrici di cariche minori, quali una massaria e una canevaria, destinate al disbrigo degli affari economici, e addirittura una sagrestana, addetta probabilmente alle cure del culto" (Merati 2002, p. 83). Dalla documentazione emerge anche la presenza di laici presso il cenobio in qualità di conversi e l'esistenza di una comunità di chierici presso la cappella monastica di Santa Maria in Solario, dotata di una certa autonomia patrimoniale non del tutto svincolata, però, dal controllo della badessa di San Cosma (Merati 2002, pp. 83-84). Nel 1270 per volontà del vescovo Martino al monastero fu aggregato il cenobio di San Vigilio di Masserata di Padernello, piccolo ente di diritto vescovile risalente all'inizio del XII secolo: l'opera di annessione era iniziata nel 1267, con il passaggio dei beni al monastero di San Cosma e già nel nel 1250 il monastero dei Santi Cosma e Damiano aveva già assunto "una sorta di patronato nei confronti di quello di San Vigilio" (Merati 2002, p. 84). Nel 1298 Bonifacio VIII autorizzò il trasferimento delle monache di San Cosma e Damiano e dei chierici di Santa Maria in Solario ad una nuova sede nei "Campibassi" - forse in un monastero già dedicato a sant'Agostino e deserto dalla metà del XIII secolo (Buffoli 1981, p. 265), in una zona più ampia e in espansione, meno centrale e trafficata della precedente (Trotti 2000, p. 66) - in visione della demolizione delle strutture monastiche e della cappella site nella "platea concionis", cuore politico e amministrativo della città, per edificare un ampio spazio ed evitare il "pericolo che, in presenza di alcuni cospiratori alla pace comune, rappresentava la posizione del "'palatium civitatis", oppresso da altri edifici troppo vicini che rendevano difficoltoso, in caso di scontri, l'accorrere dei "milites" e degli altri membri del popolo (Trotti 2000, p. 59). Il trasferimento si attuò negli anni successivi, per completarsi forse solo negli anni Trenta del XIV secolo (Trotti 2000, p. 64): le monache ricevettero in seguito al trasloco e alla permuta dei beni duecento lire imperiali (Trotti 2000, pp. 59-60). Nel 1343 al monastero fu aggregato il cenobio di San Pietro di Fiumicello, già di pertinenza del capitolo cattedrale; risultato dell'annessione fu il passaggio dei beni dell'ente, siti a Fiumicello e nelle chiusure cittadine, al cenobio dei Santi Cosma e Damiano. La situazione di prosperità e fioritura del monastero benedettino conobbe una battuta d'arresto nel XV secolo, con il mutare del clima religioso di quel periodo in cui molti enti ecclesiastici di antica origine attraversavano una crisi istituzionale, spirituale ed economica. Diversi furono nel XV secolo i richiami alle benedettine di San Cosma per la cattiva condotta, il rispetto della regola e dell'osservanza; la situazione di crisi interna al monastero, diviso al suo interno in occasione dell'elezione abbaziale, portò all'uscita della monaca Orsina Alberti (Guerrini 1933, pp. 65-66) che nel 1435 divenne badessa del monastero dei Santi Felice e Fortunato (Repertorio Santa Maria di Pace, 1732, p. 7), dove si era installata con alcune consorelle (Bezzi, Boschi, Navarrini 1980, p. 52). Scontri e alterchi nella comunità si verificarono più volte, specialmente nel 1446 e nel 1460 in occasione dell'elezione della badessa Scolastica Avanza, la riformatrice del monastero. La badessa, "agendo sotto la spinta della riforma dell'ordine benedettino ... iniziata nel 1417 ... dall'abate Ludovico Barbo" (Buffoli 1981, p. 267) riportò l'osservanza della Regola e il rispetto della clausura nel monastero; fece costruire le mura intorno al cenobio collocando all'esterno servi e conversi, "riordinò le proprietà del monastero e proibì infine al vescovo di entrarvi" (Buffoli 1981, p. 267). Nel 1495 la badessa Caterina Martinengo rinunciò alla carica e ottenne il passaggio del monastero nella congregazione di Santa Giustina di Padova, sotto il controllo dell'abate del monastero di San Faustino di Brescia (Buffoli 1981, pp. 268-269).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Diana Vecchio ]