vicariato foraneo sec. XVI - sec. XX

La necessità di vigilare sull’osservanza delle disposizioni del Concilio di Trento e sulla condotta morale del clero, specialmente in ordine al dovere della residenza, della predicazione, della catechesi e della cura degli infermi, portò a organizzare il territorio delle diocesi in distretti che subentrarono alle antiche suddivisioni plebane, quasi ovunque già scomparse o decadute. In epoca post-tridentina, nella provincia ecclesiastica di Milano con il termine di vicario foraneo venne indicato l’immediato collaboratore del vescovo fuori delle città, e il vicariato era l'ambito della sua giurisdizione. Vicario e vicariato durarono in linea generale dal 1565, anno del concilio provinciale primo, fino all’epoca contemporanea, sopravvivendo per certi versi alla revisione organizzativa delle diocesi lombarde attuata dopo il Concilio Vaticano II. Nelle diocesi lombarde non comprese, in epoca moderna, nella provincia ecclesiastica milanese, la struttura vicariale appare consolidata in date oscillanti tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo.

Data la natura personale dell'istituto vicariale, il suo legame con il territorio non è stato sempre ben definito. Oltre ad abbracciare l’ambito di una o più pievi antiche, il vicariato poteva restringersi a una sola parte di una pieve o designare le circoscrizioni risultanti dalla soppressione e smembramento di un'antica pieve o coprire infine un territorio non riferibile all’antica ripartizione plebana.

Il compito di vicario foraneo poteva venire affidato al prevosto o all'arciprete di una chiesa originariamente plebana, ma poteva pure essere designato come vicario foraneo un sacerdote diverso dal prevosto, così come poteva essere affidata a un solo vicario la giurisdizione sul territorio di più di una pieve antica.

Tra le principali incombenze del vicario foraneo c'era la convocazione delle congregazioni del clero e la visita vicariale periodica. Sui risultati di questi raduni e di queste ispezioni si fondavano le relazioni fatte dal vescovo in occasione dei sinodi o delle congregazioni diocesane dei vicariati foranei. Con il tempo la figura del vicario foraneo assunse i caratteri dell'onorificenza in analogia alle figure del prevosto e dell'arciprete. Così alcune località e alcuni sacerdoti vennero sottratti alla giurisdizione del vicario foraneo locale e dichiarati dal vescovo rispettivamente vicari foranei in luogo (in loco) e vicari foranei in luogo alla persona (in loco ad personam).

Le funzioni del vicario foraneo furono definite dal concilio provinciale primo del 1565 e successivamente aggiornate dai successivi concili provinciali e dai sinodi tenuti posteriorrmente dalle singole diocesi, e ancora specificate nel Codice di diritto canonico del 1917.

Il Codice di diritto canonico del 1917 ha fissato i compiti del vicario foraneo, in qualità di vicario del vescovo in periferia, per promuovere la vita liturgica, pastorale e la perfetta amministrazione nel territorio di sua competenza (CIC 1917, can. 445-450). Dopo il Concilio Vaticano II e con le trasformazioni indotte dalla pastorale moderna, la vicaria foranea conserva la sua attualità ”affinché la cura d’anime abbia la dovuta unità e sia resa più efficace” (decreto 28 ottobre 1965, § 30). Così il motu proprio 6 agosto 1966, I, § 19, e il nuovo Codice di diritto canonico del 1983, can. 553-555, delineano la figura del vicario foraneo, nominato per un tempo determinato e non legato a una sede parrocchiale, affidandogli oltre ai tradizionali compiti di vigilanza e alle competenze giuridico-amministrative un vero incarico di sollecitudine apostolica, in quanto il vicario è investito del ruolo di animatore della vita spirituale e fraterna del presbiterio locale, e di coordinatore della pastorale organica, anche attraverso lo studio dei problemi di zona e l’eventuale convocazione dell’assemblea vicariale, o mediante l’istituzione di un consiglio pastorale zonale. L’articolazione territoriale delle diocesi lombarde nel periodo seguente il Concilio Vaticano II è stata rivista talora profondamente, secondo linee stabilite dagli ordinari in ragione delle specificità diocesane, delle dinamiche di popolamento e delle esigenze pastorali. A livello denominativo, il vicariato ha fatto luogo al decanato e alla zona pastorale. Il nuovo Codice di diritto canonico peraltro non contempla le zone pastorali se non in una fugace segnalazione (CIC 1983, can. 512 § 2) dove parla della rappresentatività del consiglio pastorale diocesano (Bertone 1983).

ultima modifica: 03/01/2006

[ Saverio Almini ]