consiglio agrario provinciale 1923 - 1926

Pochi anni dopo l'unificazione nazionale, sulla falsariga delle Camere di commercio e arti (vedi scheda relativa), il governo istituì in ogni capoluogo di circondario (decreto 23 dicembre 1866) i Comizi agrari, con lo scopo di promuovere le attività utili alla valorizzazione ed all'avanzamento tecnologico dell'agricoltura (vedi voce relativa). I comizi, che non dipendevano dal Ministero dell'agricoltura ma rappresentavano enti pubblici territoriali (anche in ciò ricalcando l'ordinamento delle camere di commercio), avevano il compito di consigliare al governo le misure necessarie per il miglioramento del rendimento agricolo circondariale, fornendo altresì i dati e le analisi necessarie ad una più avvertita politica ed amministrazione del settore agricolo, che peraltro in quel periodo era ancora la prima fonte di produzione della ricchezza nazionale. In realtà, i comizi non funzionarono mai in maniera adeguata, e nel 1923 (decreto 30 dicembre 1923 b) il governo istituì, nelle province che ne avessero fatto richiesta, i Consigli agrari provinciali.

I consigli erano un "organo di rappresentanza e di coordinamento di tutte le attività agrarie locali", nonché un ufficio di decentramento e di locale adattamento dell'azione dello Stato nel settore agricola. Il Consiglio, inoltre, avrebbe dovuto promuovere e tutelare la produzione agraria della provincia, pur senza essere formalmente incardinato nel Ministero dell'agricoltura (poi dell'Economia nazionale) e non costituendo, dunque, un'amministrazione periferica dello Stato (così come non lo saranno i Consigli provinciali dell'economia, che nel 1926 assorbiranno i Consigli agrari provinciali - vedi infra).

I Consigli agrari, proprio perché ideati allo scopo di razionalizzare l'organizzazione dell'agricoltura, sostituirono i Comizi agrari, il comitato forestale (legge 20 giugno 1877) e - ove esistessero - i comitati, le commissioni e gli ispettorati zootecnici.

Il consiglio era presieduto dal presidente dell'amministrazione provinciale e composto di membri professionali di diritto come, ad esempio, il direttore della cattedra ambulante di agricoltura, il direttore della scuola di agricoltura o dell'istituto agrario sperimentale. Il consiglio agrario, inoltre, nominava nel proprio seno il presidente ed il vicepresidente della giunta, l'organo esecutivo dell'ente. A sua volta, la giunta era divisa in quattro sezioni, che si occupavano di economia e statistica agraria, di agraria, zootecnica ed industrie agrarie di attività forestali e di istruzione agraria.

I servizi amministrativi del consiglio erano affidati agli uffici dell'amministrazione provinciale. Alle spese del consiglio agrario provvedeva lo Stato, attraverso costituzione di fondi ad hoc (cioè per attività), e la Provincia, grazie ai fondi destinati nel bilancio preventivo annuale all'agricoltura e col gettito di un centesimo della sovrimposta provinciale.

Tra i compiti del Consiglio agrario provinciale, i più importanti erano i seguenti:

  • Formulare proposte al governo e ad altre pubbliche amministrazioni per l'adozione di provvedimenti specifici;
  • Proporre regolamenti speciali a carattere provinciale in materia agraria;
  • Fungere da commissariato provinciale per il servizio di statistica agraria e forestale;
  • Proporre al Ministero dell'Economia nazionale i programmi e l'indirizzo da imprimere agli istituti di istruzione agraria pratica;
  • Promuovere le iniziative aventi lo scopo di realizzare la bonifica agraria ed igienica, la colonizzazione interna e la sistemazione interna dei bacini montani;
  • Fornire parere sui regolamenti per l'esercizio degli usi civici nei demani comunali, nei beni comuni e nei domini collettivi e studiare i piani di destinazione ed utilizzazione di tali beni;

I Consigli agrari erano inoltre autorizzati all'esperimento delle azioni civili nei giudizi per frode al commercio dei prodotti agricoli e loro derivati e dei prodotto necessari all'agricoltura.

Quando l'affermarsi della ideologia corporativa rese inopportuna l'assenza, nei Consigli agrari provinciali, dei rappresentanti dei prestatori d'opera, il legislatore fascista sentì la necessità di una radicale innovazione e istituì in ogni provincia i Consigli provinciali dell'economia, i quali assorbirono i Consigli agrari provinciali (legge 18 aprile 1926).

ultima modifica: 12/06/2006

[ Fulvio Calia ]