comune di Montemezzo sec. XIV - 1757

Il “comune de Medio montis Surici” figura nella “Determinatio stratarum et pontium …” annessa agli Statuti di Como del 1335, come il comune cui spetta la manutenzione del tratto della via Regina ”… a predicto tramitte usque ad puteum de Mirigio” (Statuti di Como 1335, Determinatio stratarum).
Il “comune loci de Medio montis Surici” apparteneva alla pieve di Olonio (Statuti di Como 1335, Determinatio mensurarum) che già la ripartizione territoriale del 1240 attribuiva al quartiere di Porta San Lorenzo e Coloniola della città di Como (Ripartizione pievi comasche, 1240).
A seguito della soppressione canonica della pieve di Olonio e il trasferimento della sede plebana in Sorico avvenuta il 9 novembre 1456 (Fattarelli 1986), Montemezzo venne a far parte della nuova pieve nella quale risulta inserita anche dal “Liber consulum civitatis Novocomi” dove sono riportati i giuramenti prestati dai consoli del comune dal 1510 sino all’anno 1512 (Liber consulum Novocomi, 1510-1535).
Inserito nel feudo delle Tre Pievi superiori del lago, le quali avevano già fatto parte del feudo di Nesso donato nel 1497 dal duca Lodovico Maria Sforza a Lucrezia Crivelli, Montemezzo nel 1545, insieme agli altri comuni delle Tre Pievi, fu infeudato a Gian Giacomo de Medici, detto il Medeghino. Con atto notarile del 9 maggio 1580 il comune, sempre con tutto il feudo delle Tre Pievi, passò nelle mani della famiglia Gallio (Casanova 1904).
Nella medesima pieve, nel Contado di Como, lo si ritrova ancora nel 1644 (Relazione Opizzone 1644).
Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il comune di Montemezzo, che contava 195 abitanti, era infeudato a Carlo Tolomeo Gallio duca D’Alvito a cui corrispondeva un somma di 1.12 lire per il diritto di caccia alla pernice.
Il comune disponeva di un consiglio generale, formato dai capi di famiglia, al quale assisteva un notaio che redigeva formale rogito delle decisioni prese. Alle riunione del consiglio, che si tenevano nella pubblica piazza e venivano decise dai sindaci che impartivano al console l’ordine di convocazione a tutti i capi di famiglia, poteva partecipare tutto il popolo ma il diritto di voto era riservato solo ai capi famiglia che lo esprimevano pubblicamente.
L’amministrazione del patrimonio pubblico e la vigilanza sui riparti era affidata a due sindaci, eletti ogni anno a sorte tra i capi famiglia in pubblica adunanza. Il comune si avvaleva inoltre di un console, scelto a seguito di pubblico incanto in base alla migliore offerta economica presentata, che era nominato annualmente dal consiglio.
Anche il cancelliere, che era retribuito con uno stipendio annuo, era eletto dal consiglio in pubblica adunanza. Egli conservava le poche scritture di cui abbisognava quotidianamente mentre la restante parte dell’archivio era depositato in un’apposita cassa munita di due chiavi, conservate dai sindaci, all’interno di un stanza del comune che era detta “cancellaria”.
Incaricato delle riscossioni dei carichi e del pagamento delle spese era un solo esattore che veniva nominato con pubblico istrumento.
Il comune era sottoposto alla giurisdizione del podestà feudale di Gravedona al quale pagava annualmente una somma stabilita (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3030).
Sia nel “Compartimento territoriale specificante le cassine” del 1751 (Compartimento Ducato di Milano, 1751) che nell’“Indice delle pievi e comunità dello Stato di Milano” (Indice pievi Stato di Milano, 1753) Montemezzo era sempre inserito nella pieve di Sorico.

ultima modifica: 13/10/2003

[ Domenico Quartieri ]