podestà di Como sec. XII - sec. XVIII

Già dal 1181, accanto ai consoli eletti dal comune, è possibile trovare la figura del podestà, ufficiale direttamente nominato dall’imperatore. Di norma forestiero e dotato di cultura giuridica professionale si insediava con la propria corte nel palazzo “pretorio”, dove aveva sede il suo ufficio (Gianoncelli 1982, pag. 112).
A partire dalla prima metà del XIII secolo, l’amministrazione della città, fino ad allora assegnata ai consoli, passò nelle sue mani.
Non più di nomina imperiale, sino al 1229 egli venne scelto da grandi elettori designati dal podestà uscente, mentre successivamente la sua elezione, con cadenza annuale, avvenne ad opera del consiglio.
In questo periodo egli svolgeva, oltre alle funzioni di giudice criminale, l’attività di amministrazione del comune ed esercitava anche il controllo sulle idoneità degli eletti alle cariche comunali. Nella sua attività era affiancato da un proprio consiglio ristretto costituito da esperti locali, chiamato prima “consiglio di camera” e, dalla fine del secolo XIII, “savi di provvisione” (Cani e Monizza 1993, pag. 69 – Livia Fasola).
Come sopra detto, il podestà disponeva di una propria corte costituita da ufficiali e dalla famiglia. Tra i primi vi erano i giudici, in numero di quattro: un giudice dei malefici, uno delle vettovaglie, due per le restanti cause, anche di appello; i notai; i militi; i beroari, assimilabili ai poliziotti incaricati di mantenere l’ordine pubblico. La famiglia era invece costituita dagli addetti alle faccende domestiche e alle scuderie.
La figura del podestà, a cui gli Statuti di Como riformati nel 1335 dedicano l’intero primo libro “Statuta de regimine et officio potestatis”, subì, con la dominazione milanese, alcune modifiche riguardo le modalità di elezione e il numero dei giudici e dei soldati assegnati al suo ufficio. Inoltre, pur rimanendo operante il Consiglio dei Decurioni, spesso il podestà veniva affiancato da un gruppo di sapienti, come risulta anche nel capitolo XXII del suddetto libro.
Di fatto con l’avvento della signoria viscontea il podestà, la cui nomina doveva essere approvata dal signore di Milano, finì con lo svolgere solo funzioni giurisdizionali e di rappresentanza. Inoltre veniva spesso affiancato da un commissario ducale, figura nella quale Filippo Maria Visconti individuò nel 1423 l’incaricato della “buona custodia e conservazione della città” (Cani e Monizza 1993, pag. 109 – Gabriella Poli Cagliari).
Con il passaggio sotto il dominio spagnolo il podestà, divenuto il più alto ufficiale cittadino, vero e proprio rappresentante del governo centrale in periferia, svolgeva funzioni di giudice civile e penale in prima istanza e con competenze su tutta la provincia, ma aveva anche con il compito di presiedere le sedute dei consigli cittadini onde controllare il governo politico della città nel rispetto delle leggi e nell’ossequio degli statuti locali.
Al vertice di un complesso e articolato organismo amministrativo era assistito da un vicario alle sue dirette dipendenze, da un collaterale e da un giudice del maleficio, entrambi giureconsulti, che potevano anche sostituirlo, il primo nella cause civili, il secondo nelle penali. Giureconsulti e causidici erano pure quattro consoli di giustizia, eletti a sorte dai XII di Provvisione, e due giudici di palazzo, che nelle cause civili avevano giurisdizione uguale a quella podestarile.
(Cani e Monizza 1993, pag. 130 – Ivana Pederzani).
Dalle risposte ai 45 quesiti della Giunta del censimento di numerosi comuni del territorio comasco il podestà di Como risulta essere ancora sino alla metà del XVIII secolo il principale giusdicente sia civile che penale.

ultima modifica: 19/01/2005

[ Domenico Quartieri ]