comune di Lodi Vecchio sec. XVI - 1757

L’origine di Lodivecchio è legata al lento ripopolamento del territorio dell’antica Lodi, distrutta dai Milanesi nel 1158 (Agnelli 1917 a).
In età spagnola, quando il Contado lodigiano fu suddiviso nei Vescovati Superiore, di Mezzo, Inferiore di strada Cremonese e Inferiore di Strada Piacentina, la comunità apparteneva al Vescovato di mezzo e aggregava S. Stefano, Gallinazza e Gualdone (Tassa dei Cavalli).
Nel compartimento territoriale del 1751 risulta ancora compreso nel Vescovato di Mezzo (Compartimento Ducato di Milano, 1751).
Nello stesso torno di anni, l’inchiesta disposta dalla Regia Giunta per il censimento accertò che la comunità, composta da circa 790 anime, era compresa nel feudo del Collegio germanico – ungarico di Roma al quale era stato venduto dal precedente feudatario, il conte Masserati. I feudatari erano rappresentati da un podestà residente a Milano, che in Lodivecchio teneva un proprio luogotenente; davanti all’attuario del feudo, a Lodi, oltre che al podestà di Lodi, era tenuto a prestare giuramento il console. Il comune non aveva aggregato nè dipendeva da altri comuni, non aveva procuratori o agenti a Milano e non era dotato di Consiglio. Responsabile dell’amministrazione del comune era il sindaco, eletto all’inizio di ogni anno con il consenso della comunità; nella sua attività dipendeva fortemente dai “maggiori interessati e comunisti”, il più importante dei quali doveva anche approvare la ripartizione delle imposte. La documentazione pubblica era custodita dal cancelliere perchè non esisteva un archivio. Per il suo operato riceveva sessanta lire di emolumenti ordinari l’anno. La sua responsabilità maggiore era legata al riparto delle imposte. Ricevuti i confessi di pagamento fatti al Contado nei primi sei mesi dell’anno e aggiunte le altre spese locali, il cancelliere convocava privatamente il deputato e i maggiori estimi; si procedeva quindi al calcolo del “conto intiero” e successivamente alla stesura del “riparto provisionale” che, suddiviso per bocche, era reso noto alla comunità tramite pubblica affissione. Infine, convocati gli interessati, si procedeva al riparto “da dare all’esattore”. Quest’ultimo era eletto con pubblico incanto ogni tre anni secondo gli “ordini magistrali” nella camera pubblica del comune. I pubblici riparti dovevano essere approvati dal luogotenente del giusdicente feudale (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3044, 45 Quesiti).
Ancora compreso nel Vescovato di Mezzo, nel 1753 Lodivecchio comprendeva S. Stefano Gallinazzo e Gualdario (Indice pievi Stato di Milano, 1753)
Nella seconda metà del Settecento, la suddivisione in Città e Contado venne meno in seguito all’applicazione della riforma teresiana: i Vescovati vennero suddivisi in 24 Delegazioni, ognuna delle quali composta da un numero variabile di comunità: in seguito a tale riassetto, dunque, Lodi vecchio con S. Stefano Gallinazzo e Gualdane risulta compreso nella VIII delegazione (editto 10 giugno 1757).
Alla riorganizzazione del territorio non se ne affiancò una istituzionale; in linea di massima (con poche eccezioni), l’organizzazione politico – istituzionale delle singole comunità restò invariata. Quindi mantennero le tradizionali funzioni (naturalmente dove presenti) i convocati generali degli estimati, i deputati e i sindaci.

ultima modifica: 10/01/2005

[ Cooperativa Mémosis - Lodi ]