comune di Asola sec. XIII - 1797

L’autonomia amministrativa della comunità di Asola è documentata dal 14 giugno del 1238, “sebbene fedele sempre a Brescia, non altrimenti che uno degli stessi quartieri della città” (Besutti 1952), e riconfermata in altri atti del 9 maggio 1240 (Liber potheris 1899, colonna 251 e 284). Parte del bresciano, come testimonia l’estimo visconteo del 1385, che poneva “Asula cum Barasim” nella “quadra de Asula” (Valentini 1898), nel corso del secolo XIV Asola, sede della quadra, subiva le alterne fortune dei Gonzaga, dei Visconti e della repubblica di Venezia, fino al 1440 quando veniva aggregata definitivamente alla Serenissima sino alla sua caduta, tranne una breve parentesi di dominazione franco-mantovana tra il 1509 e il 1515 (Navarrini 1989). Gli abitanti di Asola godevano del privilegio di cittadinanza bresciana, dal quale erano esclusi invece i residenti della quadra, benché separata dal territorio bresciano; Asola e la sua quadra pagavano solo la limitazione per i dazi (Da Lezze 1610).
Sede di vicario sino al 1419, quando fu sostituito da un podestà, in periodo veneto Asola era sede dei due rettori veneti, un provveditore veneto e un podestà bresciano (Besutti 1952).
Nel 1493 Asola aveva una popolazione di 5.400 anime (Medin, 1886), contro i 2.700 abitanti nel 1587 e i 5.220 del circondario nel 1588 (Navarrini 1989). Agli inizi del ’600 contava 450 fuochi e 2296 anime, oltre alle 1.875 delle sue chiusure (Da Lezze 1610), per passare ai 1.739 abitanti della comunità e ai 3.516 del circondario nel 1621 (Navarrini 1989).
La comunità di Asola possedeva diversi beni immobili, sia terreni che fabbricati, tra cui la “rassica”, e alcuni mulini. Era proprietaria di diversi diritti sulle acque dei canali che scorrevano nel suo territorio e godeva dei dazi sul pane, le carni, il vino, ecc. (Besutti 1952). Tuttavia queste entrate della comunità “per essere mal governata poco le valle” (Da Lezze 1610).
L’organizzazione della comunità di Asola appariva ordinata in organi ed uffici, caratterizzati da denominazioni e competenze che si definiscono nel corso del tempo. Dagli statuti del 1405 si desume che l’amministrazione comunale era affidata ad un consiglio, formato da quaranta membri, che dovevano essere “nobili o almeno i principali possidenti della terra e cittadini di lunga data”. Essi eleggevano sei consoli, a cui era demandata la gestione diretta della comunità, e i principali ufficiali comunali, come i giudici dei chiosi o campari, addetti alla sorveglianza dei boschi e della campagna, o gli anziani delle strade, che oltre alla manutenzione delle strade, dovevano “aptare pontes, sgolatorios et fossata fortilitii”. Il numero degli anziani delle strade variava da dieci a dodici, divisi secondo i quartieri della comunità (Squadra Lacus, Squadra Portae forae, Squadra Portae de Supra e Squadra Villae) a cui corrispondevano altrettante divisioni della campagna. Vi erano dodici anziani dell’estimo (extimatores), che soprintendevano a ciascuna delle dodici parti o colonnelli in cui era la campagna e facevano la ricognizione delle proprietà per la divisione dei tributi, e quattro anziani dei quartieri, che si occupavano dell’ordine pubblico e dell’armamento degli abitanti. Vi erano infine i massari, cioè gli esattori e cassieri della comunità, il notaio e tre “ragionatores” (Besutti 1952).
In epoca veneta la comunità era amministrata da un gran consiglio o consiglio generale, da un consiglio speciale e da un consiglio detto consulta o banca, formata dall’abate, dall’avvocato, da tre deputati e due sindaci. Accanto a questi organi vi erano altri uffici, composti da membri eletti dal consiglio generale, come il collegio dei giudici, dal quale uscivano i candidati alle maggiori cariche cittadine, il collegio dei notai, fra i quali erano scelti i notai assistenti al podestà. Vi erano inoltre il massaro, con funzioni di esattore e cassiere, e il castellano. Altre cariche minori erano quelle degli anziani, nel numero di dodici, con funzioni di sorveglianza delle strade e di ordine pubblico, dei dugalieri, nel numero di quattro, con il compito di sorvegliare l’uso delle acque, degli estimatori, anch’essi nel numero di quattro, con l’incarico di fare l’estimo dei beni pubblici e privati e le stime dei danni campestri, e dei deputati alle vettovaglie, che controllavano i “calmieri” dei generi alimentari. Vi erano ancora un notaio preposto alle accuse, un massaro soprintendente alla macina, due soprintendenti ai quartieri, due deputati alle milizie, due deputati per le terre pubbliche, due massari per le pubbliche entrate, due deputati per il fiume Chiese, un deputato per la pace, un deputato per le prigioni, tre deputati per l’igiene. Nel 1571 a queste cariche, modificate o riformate, se ne aggiunsero altre come i deputati alle frodi, due giudici alle vettovaglie, due capitani alla caccia, con il compito di sorvegliare i boschi e la pesche, due oppositori contro coloro che, esclusi dal consiglio generale, accampavano diritti di appartenervi. Nel 1586 comparivano le cariche dei ragionieri, nel numero di tre, e quella del quinternaro. Alle dipendenze del comune erano anche due pesatori alla porta, il granarolo, il coadiutore alla accuse, i tre sotto cavalieri all’abbondanza, quattro guardie a porta Chiese, tre guardie a porta Fuori, una guardia al borgo di sopra, il custode dell’inferiata del ponte del Lago, un trombetta, il custode degli utensili del rettore, l’oratore in Venezia, sostituito in seguito dal nunzio o ambasciatore in Venezia, il medico chirurgo, il campanaro, il regolatore dell’orologio, l’organista (Besutti 1952; cfr Bernoni 1876).
Agli inizi del secolo XVII vi erano inoltre tre conservatori delle leggi, che avevano il compito di contraddire le proposte di deliberazione prima che fossero esse ai voti. I rettori, i sindaci e l’abate eleggevano ogni anno i deputati alla sanità (Ordini 1614; Tagliaferri 1978).
Negli “ordini et capitoli da servarsi per l’illustrissimi signori provveditori e podestà, rettori della fortezza di Asola per il governo di quella e loro distinta giurisdittione” del 1614, emanati da Antonio Priuli, provveditore di terra ferma, oltre a ridefinire e funzioni dei maggiori organi della comunità, veniva stabilito che i delitti, le frodi e altri reati rifuardanti ’interesse di Asola e dei comuni del suo territorio, come le cause civili spettassero al giudizio congiunto dei due rettori veneti, demandando l’istruttoria dei processi criminali al cancelliere del provveditore, e quella delle cause civili al notaio del podestà (ordini di Asola sec. XVII).

ultima modifica: 10/12/2003

[ Giancarlo Cobelli ]