capitano del popolo sec. XIII - sec. XIV

Nel trattato con i reggiani per la Regula Padi del 1257, Azzo VII d’Este e Lodovico di Sambonifacio erano insigniti del titolo di capitani del popolo, dove il “popolo rappresenta la parte opposta dei milites in cui sono presenti, assieme ad esponenti del ceto mezzano, anche aristocratici cui spetta il ruolo di comando” (Vaini 1986 b). Se prima del 1274, anno nel quale Pinamonte Bonacolsi diveniva capitano del popolo, non sono conosciute le competenze di questa magistratura, con l’elezione di Guido Bonacolsi, detto Botesella, a capitano “generalis perpetuus communis et hominum et civitatis et districtus Mantue”, divengono note le sue prerogative. Egli aveva “la facoltà di convocare il consiglio del comune, facendo funzionare il solo organo che poteva legittimamente compiere e sanzionare atti di governo”, regolare i rapporti con altri comuni e signorie, esercitare il potere giudiziario ed esecutivo a propria volontà (Torelli 1923; Vaini 1986). Con queste prerogative, ribadite in seguito nella formula introduttiva degli statuti bonacolsiani, il capitano assumeva le funzioni tipiche attribuite al signore, che saranno sancite definitivamente con il riconoscimento della ereditarietà della carica e con la sanzione giuridica della signoria da parte dell’autorità universale e suprema dell’impero, sotto la forma del vicariato imperiale (Torelli 1923; Vaini 1986).

ultima modifica: 10/01/2005

[ Giancarlo Cobelli ]