giudice delle strade 1541 - 1786

Se già con l’affermarsi del potere signorile e la conseguente tendenza a precisare e codificare le attribuzioni ed i poteri di ogni singola magistratura milanese, l’officio delle strade acquistò un ruolo ben definito, con la promulgazione delle Novae Constitutiones del 1541 l’officio del giudice delle strade venne ulteriormente disciplinato.
Dal libro IV delle Nuove Costituzioni emerge come per tale officio strettamente connesse fossero le funzioni amministrative e giuridiche.
Nominato dal vicario e dai dodici di provvisione, ma vincolato all’approvazione e riconoscimento del governatore, il giudice delle strade, con patente di firma regia, entrava in carica solo dopo aver prestato giuramento nelle mani del governatore.
Come per il vicario di provvisione ed il giudice delle vettovaglie, l’attività del giudice delle strade, al termine del suo mandato – originariamente annuale e in seguito biennale, anche se sovente avveniva che i giudici delle strade e delle vettovaglie restassero in carica sino all’elezione di nuovi giudici – veniva sottoposta a sindacato da parte dei Sindaci della comunità (Visconti 1913).
Una pubblica grida dava notizia “a cadauna persona che li prenominati Vicario, Iudici delle strade et victualie […] se vogliono di presente sindacare et perhò sel cè persona alcuna quale voglia o possa dolersi in cosa alcuna commissa in qualche modo per li prenominati vel alcuno di loro contro il dovere della Iustitia …” ed invitava tali persone a presentarsi davanti ai sindacatori entro quindici giorni dalla data di pubblicazione della grida “provando il proprio credito, se creditore, o provando il peculato, la corruzione, la concussione” (Visconti 1913, p. 345).
L’officio del giudice delle strade era composto da sei gentiluomini, detti “probi viri” – tre dei quali dovevano essere dottori auditori, uno notaio attuario, incaricato della compilazione degli atti ufficiali, ed uno esattore – dai visitatori delle strade ai quali era attribuito il compito di ispezionare lo stato delle strade per poi farne relazione al giudice, da tre ingegneri, da un capomastro per la parte tecnica, e ancora da un cancelliere, un cassiere ed uno “scrittore” per l’espletamento delle pratiche d’ufficio. A Milano ogni porta della città era inoltre controllata da un commissario, un portiere ed un fante.
Gerarchicamente sottoposto, in particolare per le materie di polizia e giurisdizione stradale, all’autorità del Magistrato straordinario – e più tardi, con la riunione dei due Magistrati delle rendite ordinarie e straordinarie, al Magistrato camerale – il giudice delle strade estendeva la propria giurisdizione a tutto il Ducato. Leggi locali, quali gli statuti della città, leggi generali, quali le Novae Constitutiones e ancora regolamenti più generali come le gride emanate di volta in volta dai singoli governatori, costituivano le fonti che regolavano gli ambiti di sua competenza (Visconti 1913).
Uno dei maggiori compiti delegati al giudice delle strade consisteva nella compilazione del riparto delle “fatte” cioè delle tratte di strada la cui manutenzione doveva essere assegnata alle Terre che componevano il Contado milanese. Secondo quanto stabilito nelle Nuove Costituzioni le spese di manutenzione delle strade che percorrevano la provincia del Ducato – 17 nel corso del XIV secolo ridotte a 14 intorno alla fine del XVI (Visconti 1913) – erano da imputarsi a carico delle sole Terre rurali proporzionalmente al censo del sale loro ripartito: a ciascuna Terra era quindi assegnata una tratta più o meno lunga di strada – denominata appunto “fatta” – proporzionale all’entità della quota di sale ad essa attribuita.
Numerosi furono, intorno alla fine del XVI secolo, i tentativi intrapresi dalle comunità rurali al fine di obbligare anche le città a partecipare alla divisione degli oneri stradali, pretendendo che le spese non fossero divise secondo il censo del sale – di cui la città andava esente – bensì secondo il perticato. Tuttavia il Senato sedò ogni pretesa ed ordinò al giudice delle strade di formare un nuovo riparto delle “fatte”, regolandole secondo il censo del sale, il quale rimase pressoché inalterato sino al 1779, anno in cui il governo austriaco arrogò a sé la manutenzione delle strade regie e provinciali.
Per diritto municipale al giudice delle strade ed ai sei gentiluomini era vietato occuparsi di strade, vie, accessi del ducato di Milano che non fossero strada maestra, come descritto nel libro che veniva consegnato al giudice delle strade nel momento in cui entrava in carica. Tuttavia spesso il Senato, con particolari lettere, autorizzava il giudice ed i suoi collaboratori ad occuparsi della manutenzione e del controllo di strade pubbliche non maestre: poiché, secondo le disposizioni senatorie, era vietato occupare in qualsiasi modo le vie pubbliche ed ostacolare il libero passaggio, il giudice delle strade poteva d’ufficio procedere contro i contravventori.
Tutti gli officiali che dipendevano dal suo ufficio erano inoltre autorizzati a curare la pulizia delle strade cittadine e controllare che le vie, o in generale, qualsiasi spazio pubblico non venisse occupato abusivamente. Al giudice delle strade era inoltre demandato il compito di convocare i consoli o agenti dei comuni, luoghi, Terre, borghi e cascine descritte nel libro delle strade prima di procedere alla visita delle strade sottoposte alla loro giurisdizione. La convocazione doveva essere fatta attraverso gli uscieri, quindici giorni prima della visita affinché i suddetti disponessero del tempo necessario per ristrutturare le strade (sommario 1580-1647).
L’organizzazione dell’Officio delle strade rimase pressoché tale sino agli anni ’70 del XVIII secolo. Un piano delle strade approvato con dispaccio reale del 1777 classificò il sistema viario milanese in strade regie o provinciali, strade comunali e strade private. Le spese di manutenzione delle provinciali, cioè tutte quelle strade che dalla città portavano alla provincia del Ducato si stabilì fossero a carico della provincia; quella delle comunali, cioè tutte quelle non comprese nelle provinciali, venne posta a carico dei comuni; ed infine si stabilì che la sola manutenzione delle strade private fosse a carico degli utenti.
Il piano stabiliva inoltre che al giudice delle strade, il quale doveva sempre e comunque essere informato dello stato e bisogni delle strade provinciali dai deputati dell’estimo di ogni comunità, erano ancora delegati i compiti di fare visita, con l’assistenza dell’ingegnere, alle strade provinciali; ricevere i ricorsi delle comunità e dei privati in materia di viabilità; controllare che venissero poste le pietre miliari e l’indicazione dei nomi delle comunità con le distanze dal luogo più vicino.
Il piano ribadiva ancora il numero dei collaboratori del giudice: un cancelliere, un cassiere, uno scrittore, tre ingegneri, un capomastro, un commissario per ogni porta, un portiere e un fante (Visconti 1913).

ultima modifica: 19/01/2005

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