consilium generale sec. XII - sec. XIV

Le adunanze del popolo in pubblica piazza sono pratiche che si verificarono molto prima del sorgere del Comune: già nel testamento dell’Arcivescovo Ansperto dell’anno 879 si parla ad esempio di un “Foro publico quod vocatur Asamblatorio” cioè di una piazza per la convocazione dell’assemblea (Manaresi 1919).
Con il passaggio al governo consolare l’assemblea cittadina venne istituzionalizzata assumendo dapprima la denominazione di “parlamentum” o “arengum”, ed in seguito quella di “consilium generalem”: essa era costituita da tutti i cittadini, capi di casa, che fossero titolari di diritti urbani e quindi sottoposti ai doveri civili, e da tutti coloro che fossero investiti del diritto – dovere di portare le armi.
Tale Consiglio generale nel corso del tempo venne convocato, “ad sonum campanae”, almeno una volta all’anno per eleggere i consoli, per approvare le leggi, gli statuti e tutti quei negozi che, per particolare importanza e rilevanza, richiedevano il parere di tutta la cittadinanza. Il Consiglio veniva infatti convocato qualora si presentassero situazioni tali da necessitare la dichiarazione di guerra; era chiamato a decidere le condizioni per la stipulazione di trattati di pace, di alleanza o commerciali; e ancora veniva radunato per deliberare su questioni strettamente connesse alla vita interna della città, quali ad esempio la denuncia di traditori, o la pubblicazione di delibere.
Nel secolo XII tali assemblee, che assunsero il nome di “conciones”, continuarono ad essere convocate soprattutto per notificare al popolo gli atti principali della vita politica, quali appunto le dichiarazioni di guerra, la stipulazione di alleanze o di paci, la promulgazione e pubblicazione di nuove leggi. Ma soprattutto negli ultimi decenni del secolo, il popolo, membro delle adunanze, andò sempre più perdendo ogni ingerenza attiva nella gestione degli affari del comune. Il consiglio generale costituiva oramai solo il mezzo attraverso cui dare pubblicità agli atti del governo comunale, tanto che dalla seconda metà del secolo le riunioni generali si fecero sempre più rare.
L’accrescimento generale della popolazione e l’aumento delle persone direttamente coinvolte nella vita pubblica, la riservatezza che doveva cautelare trattative, convenzioni, accordi, la necessità di specifiche competenze per la gestione dei crescenti e sempre più complessi affari pubblici, resero impossibile la discussione di tali questioni nel consiglio generale; di conseguenza i poteri strettamente connessi alla gestione attiva degli interessi comuni furono devoluti ad un’assemblea più ristretta denominata Consiglio di credenza (Barni 1954; Franceschini 1954; Manaresi 1919; Santoro1968).

ultima modifica: 07/02/2003

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