consiglio di credenza sec. XII - sec. XIII

Per comprendere l’origine e la costituzione della Credenza, o Consiglio di credenza, occorre ricordare che nel XII secolo, con l’ammissione dei cives nel consiglio dell’arcivescovo e quindi nel governo della città, tutti e tre gli ordini dei cittadini liberi – capitanei, valvassores e cives, – incominciarono ad interessarsi e soprattutto a gestire direttamente gli interessi pubblici, anche se secondo una proporzione che assegnava ai primi due ordini un numero di rappresentanti maggiore rispetto all’ordine dei cives.
Tuttavia i membri di queste famiglie, rappresentanti dei tre ordini cittadini, partecipavano solo indirettamente alla formazione del governo cittadino: essi non erano infatti chiamati ad eleggere direttamente i consoli bensì – forse con designazione fatta dai medesimi consoli ancora in carica – tra di essi veniva scelto un numero di persone alle quali sarebbe spettato il compito di coadiuvare il governo consolare nella scelta dei nuovi consoli. Erano dunque queste persone, scelte tra i rappresentanti dei tre maggiori ceti cittadini, a formare il Consiglio di credenza. L’importanza ed influenza nella gestione degli affari del comune di questo consiglio “ristretto” furono massime durante il periodo consolare e durante la fase di transazione tra il periodo consolare e quello podestarile, quando il suo intervento si era reso sempre più necessario per la promulgazione di tutti gli atti di natura politica.
Sulla base della documentazione disponibile non è possibile determinare con esattezza il numero dei componenti del Consiglio di credenza, denominati “consiliarii” o più spesso “credentiarii” in quanto dovevano giurare “credentia” cioè segretezza al console: esso sicuramente oscillò nel corso del tempo sino a raggiungere, nel XIII secolo, punte massime di 800 membri.
Ma i membri della Credenza non venivano sempre convocati nella loro totalità: i consoli e successivamente i podestà, godevano infatti della facoltà di poter adunare, secondo l’importanza degli affari da trattare, cento, duecento, trecento, quattrocento e più membri; quando si eleggevano i credentiarii si stabiliva infatti un ordine di ingresso tale da determinare che i primi cento nominati dovessero formare la Credenza dei cento, i primi duecento la Credenza dei duecento e così via.
A partire dagli ultimi decenni del XII secolo la credenza cominciò ad assumere la denominazione di “Consilium comunis” e, quando adunata al completo, di “Magnum Consilium comunis”.
Con gli ordinamenti del 1241 si codificarono infine le modalità di elezione e le competenze attribuite al consiglio di credenza: a partire da quell’anno si stabilì infatti che esso dovesse essere formato per metà dai rappresentanti dei capitanei e valvassori e per metà dai rappresentanti della Motta e della Credenza di sant’Ambrogio, la quale dal 1198, rappresentava l’elemento più popolare della città. Dalle fonti non risulta quale fosse la durata della carica dei consiliarii anche se è molto probabile si dovessero rinnovare ogni anno, come avvenne per la carica di console prima e per quella di podestà poi.
Gli ordinamenti stabilirono inoltre che alla Credenza fossero demandate tutte le questioni di interesse generale – e questo gli derivò anche la denominazione di consiglio generale – sia di carattere politico, legislativo, amministrativo: il consiglio veniva infatti convocato per approvare e notificare al popolo la dichiarazione di guerre e la conseguente stipulazione di paci e ancora per ricevere ambasciatori. Esso era l’unico organo comunale dotato di pieni poteri per la modificazione degli statuti; ed infine era l’unico organo autorizzato a deliberare in materia di finanza – circa, ad esempio, l’alienazione di beni del Comune per alimentare le casse dell’erario pubblico – e ancora, a decidere i provvedimenti da applicarsi contro i debitori del Comune per il risarcimento dei danni inferti alla comunità (Barni 1954; Franceschini 1954; Manaresi 1919; Santoro 1968).

ultima modifica: 19/01/2005

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