imperiale regio magistrato camerale 1829 maggio 26 - 1848 marzo 18

In seguito alla decisione imperiale del 26 maggio 1829, il 1 agosto 1830 fu attivato nel Regno Lombardo-Veneto l’imperiale regio Magistrato camerale, “l’autorità amministrativa assoluta per la direzione e ispezione di tutti i rami di finanza nel territorio soggetto alla giurisdizione del governo” (notificazione 15 giugno 1830). Composto da un presidente e da sei consiglieri di governo, il Magistrato dirigeva tutti i rami finanziari e camerali del Regno e dunque concentrava le funzioni che erano state fino a quel momento di competenza del senato governativo di finanza e delle direzioni dei diversi rami di finanza – privative, dogane, dazi consumo, demanio, beni della corona, boschi e diritti uniti – che conseguentemente cessarono di sussistere.
Autorità puramente finanziaria, il Magistrato doveva “partire nell’esercizio delle sue incombenze da sole considerazioni di finanza, avendo di mira la maggiore e sicura rendita possibile e la più tenue spesa, compatibilmente col buono e regolare andamento dell’amministrazione” con lo scopo dichiarato di “tenere disgiunte le vedute direttrici dell’amministrazione di finanza da qualunque altro fine della pubblica amministrazione”. Rilevando queste funzioni dal senato di finanza, spettarono dunque al Magistrato camerale la compilazione del conto del bilancio preventivo da rassegnare al ministero delle finanze e la funzione di vigilanza affinché non venissero oltrepassate dal governo le somme assegnate nei preventivi.
Se al governo rimase la prerogativa relativa alla distribuzione, alla ripartizione e alla esazione delle imposte dirette, il Magistrato ebbe competenza su tutte le imposte indirette, sui beni della corona, sui beni demaniali, sulle privative e sui diritti regali, sulle manifatture erariali, sul debito pubblico, sul monte dello stato, sulle remunerazioni e sulle pensioni a carico del Tesoro, sulle dotazioni delle autorità militari.
Il Magistrato camerale dipendeva dalla camera aulica generale e, anche se venivano riconosciuti di sua competenza “tutti gli oggetti concernenti l’amministrazione della finanza nel territorio soggetto alla giurisdizione del governo” (Sandonà 1912, p. 222), era al contempo prevista una severa distinzione tra gli affari che potevano essere trattati dal Magistrato stesso e quelli per i quali si doveva richiedere l’approvazione o la decisione ultima della camera aulica.
La nuova legge di riorganizzazione dell’amministrazione finanziaria istituì in ogni provincia le intendenze di finanza. L’intendente e i suoi addetti rispondevano direttamente al Magistrato camerale.
Poiché in base a queste norme cessavano le funzioni del senato di finanza e delle direzioni delle dogane, delle privative e dei dazi, dei boschi, del demanio e della corona, gli uffici di queste – quali ad esempio ad esempio i posti di dogana, le ricevitorie di finanza, i magazzini e le dispense dei generi di privativa, la forza armata di finanza, gli agenti e i custodi demaniali, i conservatorati e gli uffici delle tasse – furono posti in diretta dipendenza dalle intendenze.
Alle intendenze di finanza stesse fu infine affidata l’amministrazione dei dazi (entrata, uscita, transito delle merci); i dazi consumo; le vendite privative della carta bollata, l’applicazione del bollo in tutti i casi previsti, dei sali e tabacchi e delle polveri. Tra le altre numerose competenze dell’intendenza vi era anche l’amministrazione delle acque di ragione camerale che servivano all’irrigazione dei terreni e al funzionamento degli opifici, dei beni feudali dello stato che si erano resi vacanti e delle eredità giacenti poste sotto sequestro, dei diritti di navigazione e di pesca e i diritti eventuali di plateatico e di terratico e la vigilanza sugli oggetti concernenti le tasse giudiziarie, politiche e camerali.
In ogni provincia era inoltre istituita una ragioneria provinciale, dipendente dalla ragioneria centrale di Milano e Venezia, le cui mansioni sostanzialmente si riferivano alla parte contabile ed esecutiva dell’amministrazione di competenza delle delegazioni (attraverso la compilazione degli appositi registri e dei rendiconti), alla revisione e liquidazione dei conti delle amministrazioni e delle corporazioni, alle operazioni di contabilità periodica, oltre alla riscossione dell’imposta prediale, alla tassa personale, al contributo arti e commercio, al culto.
Con la riorganizzazione dell’Impero dopo le rivoluzioni del marzo 1848 e la guerra successiva, l’amministrazione finanziaria del Regno Lombardo-Veneto venne sottoposta direttamente al governo viennese: la prefettura delle finanze, divisa in otto dipartimenti ognuno con a capo un consigliere e il prefetto, presidente con il rango di consigliere ministeriale, dipesero direttamente dal ministero delle finanze di Vienna, che a sua volta era diviso in trenta dipartimenti (Atti della commissione Giulini 1962; Raponi 1967; Sandonà 1912).

ultima modifica: 01/09/2005

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