governatore di Lombardia 1859 giugno 8 - 1860 gennaio 9

Il giorno successivo alla battaglia di Magenta, che aveva liberato alle truppe francopiemontesi la via verso Milano, la Congregazione municipale votava un indirizzo a Vittorio Emanuele II confermando il patto votato nel 1848 e proclamando l’annessione della Lombardia al Piemonte.
Le linee fondamentali dell’organizzazione temporanea della Lombardia furono stabilite dal decreto 8 giugno 1859, che si basava sostanzialmente sul progetto della commissione Giulini. In virtù di questo decreto al vertice dell’amministrazione veniva nominato un governatore – il magistrato piemontese Paolo Onorato Vigliani – rappresentante del re e investito dei pieni poteri per la gestione dell’amministrazione civile, con competenza quindi anche in materia di leggi e regolamenti e il potere di promulgare decreti. Naturalmente per tutto ciò che riguardava la guerra e le questioni militari il governatore doveva limitarsi “a procurare la pronta esecuzione degli ordini del ministero della guerra e del comandante degli eserciti alleati”. Alle dirette dipendenze del governatore venivano poste tutte le autorità delle province lombarde e a lui dovevano essere indirizzati tutti gli affari che, sotto il cessato regime austriaco, dovevano indirizzarsi al governatore generale del regno e ai dicasteri centrali. Inoltre il governatore aveva la facoltà di nominare commissioni speciali con carattere consultivo per le questioni politiche ed economiche che fossero elette tra i rappresentanti più autorevoli della cittadinanza milanese (decreto 8 giugno 1859).
L’ufficio di gabinetto del governatore era gestito da un funzionario, che aveva il titolo di segretario del gabinetto particolare del governatore (e che fu l’avvocato Gaspare Cavallini), e da due applicati di segreteria (Carlo Faraldo e Damiano Muoni).
Gli altri organi creati per l’amministrazione temporanea della regione, che costituirono il regio governo di Lombardia, furono la regia amministrazione centrale della Lombardia, che ebbe delegati gli affari amministrativi in passato di competenza della luogotenenza lombarda, e la segreteria di governo. Organi periferici furono le intendenze generali, che subentrarono alle soppresse delegazioni provinciali, e i commissari distrettuali, figure queste mantenute dalla passata organizzazione (Raponi 1961).
Il governatore fu dunque l’autorità suprema in Lombardia fino all’unificazione legislativa, anche se già dalla fine di luglio l’autonomia delle province lombarde venne ridotta allo scopo di uniformarle a quelle piemontesi: il decreto del 31 luglio dichiarava infatti “cessati i poteri conferiti in via straordinaria al governatore” e attribuiva allo stesso le competenze che erano state del luogotenente del Lombardo-Veneto. Di conseguenza gli affari che erano stati destinati al governatore generale si sarebbero ora dovuti indirizzare ai ministeri sardi. Le sezioni dell’amministrazione centrale e la prefettura delle finanze venivano quindi sottoposte alla giurisdizione dei ministeri subalpini e il governatore, pur rimanendo la figura centrale dell’ordinamento lombardo con funzione di collegamento tra l’amministrazione lombarda e quella piemontese e tra l’amministrazione centrale e le intendenze provinciali, non ebbe più preminenti funzioni di governo (decreto 31 luglio 1859 b).
L’unificazione legislativa fu sostanzialmente decisa con la legge 23 ottobre 1859, “relativa alla nuova circoscrizione provinciale e comunale”, anche se i singoli governatori delle province lombarde subentrarono all’amministrazione centrale di Lombardia il 9 gennaio 1860.
La pace di Zurigo del 10 novembre sanciva infine l’unione della Lombardia al Piemonte sul piano del diritto internazionale (Atti della commissione Giulini 1962; Raponi 1961; Raponi 1967).

ultima modifica: 19/01/2005

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