consiglio di stato 1805 maggio 9 - 1814 maggio 25

Organo centrale del Regno d’Italia, il Consiglio di stato venne formato con decreto reale 9 maggio 1805, mentre con il terzo statuto costituzionale, emanato il successivo 5 giugno, ne furono delineate l’organizzazione e le competenze.
In base al testo di legge istitutivo il Consiglio doveva essere composto da 35 membri scelti e nominati dal re, tra i quali figuravano di diritto i grandi ufficiali della corona, vale a dire il cancelliere guardasigilli Melzi, il grande elemosiniere e arcivescovo di Ravenna Codronchi, il gran maggiordomo maggiore Fenaroli, il gran ciambellano Litta e il grande scudiere Caprara; erano chiamati a farne parte inoltre i ministri, i membri della Consulta di stato e quelli del Consiglio legislativo. L’organo fu allora ripartito in cinque sezioni: giustizia, finanza, guerra, interno e culto, alle quali appartenevano tutti i membri, ad eccezione dei grandi ufficiali della corona e dei ministri. Come segretario venne designato Giuseppe Compagnoni (decreto 9 maggio 1805).
Il Consiglio di stato, secondo quanto disposto dal terzo statuto costituzionale, al titolo IV, comprendeva al suo interno tre diversi organismi: il Consiglio dei consultori, il Consiglio legislativo e il Consiglio degli uditori.
Il primo, formato da otto consiglieri, era l’organo consulente in materia costituzionale; doveva cioè occuparsi di tutto quanto riguardava l’interpretazione degli statuti costituzionali e le modificazioni da farsi agli stessi, oltre ai trattati di pace, di commercio e di sussidi, che gli dovevano essere presentati prima della pubblicazione. In esso avevano “voce e seduta” i grandi ufficiali della corona e, in mancanza del viceré, doveva provvedere alla nomina di un reggente. Dopo la prima formazione nessuno poteva essere nominato alla carica vitalizia di consigliere consultore se prima non aveva fatto parte del Consiglio legislativo.
Questo era composto “al più” da dodici consiglieri e aveva il compito di vagliare tutti i progetti di legge e i regolamenti di amministrazione pubblica, di cui doveva inoltre fornire “spiegazioni, sviluppi o interpretazioni”. I suoi membri, dopo la prima formazione, dovevano essere scelti tra i consiglieri uditori.
Il Consiglio degli uditori, infine, comprendeva “al più” quindici consiglieri di stato ed aveva funzioni giurisdizionali in materia amministrativa e contabile. Doveva essere messo a conoscenza di tutte le vertenze “che, inerendo agl’interessi immediati del Demanio dello stato e alle quistioni di pubblica amministrazione”, non competevano ai tribunali ordinari; delle traduzione in giudizio degli agenti dell’amministrazione pubblica; degli appelli dalle decisioni dei Consigli di prefettura; delle domande di concessione di miniere e officine su fiumi e canali navigabili; delle autorizzazioni a comuni, ospedali, istituti di beneficenza e di culto per l’accettazione di donazioni, legati, per vendite, permute e sovrimposte locali; delle proposizioni di pensioni e trattamenti di giubilazione.
Il Consiglio legislativo e quello degli uditori erano, a loro volta, ripartiti in tre sezioni: legislazione e culto, interno e finanze, guerra e marina, incaricate di fare l’esame preventivo e lo spoglio degli affari. I Consigli stendevano poi “in forma di progetto di legge, regolamento, decreto o decisione, il loro parere sugli oggetti” e i rispettivi presidenti li presentavano al sovrano, il quale, prima di adottarli, ne ordinava la trasmissione al Consiglio di stato.
Il Consiglio, presieduto dal re o, in sua assenza, da un grande ufficiale della corona o da un consigliere consultore, era l’insieme di tutti gli alti funzionari e l’incontro di tutte le competenze, la sua voce rimaneva tuttavia unicamente consultiva, mentre il potere di decidere era saldamente nelle mani del sovrano.
Del Consiglio di stato, dotato di un segretario generale e di alcuni sostituti, facevano parte, durante l’esercizio delle loro funzioni, anche gli stessi ministri, che potevano inoltre partecipare alle sedute dei tre consigli quando fossero in trattazione oggetti riguardanti i loro dipartimenti (terzo statuto costituzionale).
Con decreto del 9 giugno 1805 Bonaparte nominò quattro consiglieri di stato consultori: Paradisi, Costabili Containi, Moscati e Guicciardi, ai quali, il mese successivo, si aggiunsero, come consultori ad honores, i cardinali Caprara e Oppizzoni; vennero poi nominati i dodici consiglieri legislativi: Birago, Maestri, Gallino, Testi, Lambertenghi, Carlotti, Verri, Cicognara, Bargnani, Giovio, Magnani e De Bernardi; e tre consiglieri di stato uditori: Breme, Ronna, Dallegre (decreto 9 giugno 1805 b), ai quali, nel corso dell’anno, vennero ad aggiungersi Capretta, Pallavicini, Malaspina, Erizzo, Strigelli, Bono e Fe.
Altre nomine furono effettuate durante gli anni successivi, anche in seguito all’accrescimento del numero dei consiglieri disposto con il decreto 19 dicembre 1807, che portò a 18 i componenti del Consiglio legislativo e a 20 quelli del Consiglio degli uditori. In tale occasione fu inoltre stabilita la presenza, presso il Consiglio, di 12 assistenti, accresciuti in seguito a 30 (decreto 19 dicembre 1807).
Il 20 dicembre 1807, con l’emanazione del quinto statuto costituzionale, il Consiglio dei consultori aveva frattanto cessato di far parte del Consiglio di stato per divenire Senato consulente (quinto statuto costituzionale).
Il Consiglio di stato venne dichiarato cessato con proclama del commissario plenipotenziario conte Bellegarde del 25 maggio 1814 (proclama 25 maggio 1814).

ultima modifica: 19/01/2005

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