camera di commercio e d'industria di Milano 1850 marzo 18 - 1859

L’ordinanza del 26 marzo 1850 istituì le camere di commercio e di industria in tutto l’impero. Pur essendo direttamente dipendenti dal ministero del commercio, le camere di commercio dovevano rappresentare “gl’interessi del commercio e dell’industria in tutti i dominj”, e dunque rappresentare “il “mezzo” con cui il ceto commerciale ed industriale partecipa[va] i suoi desideri al ministero del commercio, e lo coadiuva[va] a vantaggio delle relazioni commerciali”.
L’ordinanza specificò la composizione, le attribuzioni ed i compiti delle camere di commercio e di industria – ad ognuna delle quali venne assegnato un distretto – specificando anche quali fossero le “incumbenze” riguardo al ministero del commercio: esse riferivano il loro parere, le proposte e le informazioni sugli oggetti relativi alla loro attività; comunicavano al ministero i bisogni del commercio e dell’industria, esponevano lo stato dei mezzi di comunicazione e, in particolare, presentavano entro il mese di marzo un rapporto annuale complessivo sullo stato del commercio e dell’industria, rapporto che avrebbe dovuto inoltre comprendere dati statistici sulle imprese esistenti.
In ognuno dei loro distretti le camere sottoponevano ad esame e nominavano i “sensali di merci e di scambio (sensali di borsa, agenti di cambio e simili)”. Gli esami si tenevano sotto la presidenza del tribunale mercantile e le nomine erano comunque soggette all’approvazione del ministero del commercio e delle finanze. Altro compito era il parere obbligatorio da dare “sulla scelta da farsi dal ceto commerciale od industriale degli assessori pel tribunale mercantile e di cambio (assessori al tribunale mercantile od al senato di commercio delle corti di giustizia) e sopra le intraprese da formarsi mediante azioni”.
Funzione di particolare rilevanza era inoltre la possibilità conferita alle camere di porsi come giudice “arbitramentale” in tutti i casi in cui la legge ne permetteva l’intervento, e specialmente nelle controversie emergenti sui rapporti salariali (ma solo “qualora vadano in ciò d’accordo tutte le parti interessate”).
Ogni camera si divideva di regola in due sezioni, una dedicata al commercio ed una all’industria. Alla prima sezione erano attribuiti tutti gli affari concernenti il cambio, lo spaccio ed il traffico delle merci; il cambio di denaro o di effetti rappresentanti valute, le Borse, le associazioni e le corporazioni commerciali. Alla sezione dell’industria appartenevano invece “tutti gli affari che si riferiscono all’industria esercitata mediante opifici e mestieri”, e quindi il lavoro di materie primitive od accessorie negli opifici e nelle manifatture, la produzione, lo sviluppo e la produzione di forze o di mezzi industriali nuovi; il riconoscimento ed il patrocinio della proprietà industriale con i privilegi di invenzione e di scoperte e ancora la formazione ed organizzazione delle corporazioni industriali ed i rapporti di coloro che lavoravano negli opifici, “allievi, garzoni, dei capi e padroni di stabilimenti industriali, od opifici fra loro […]”.
Le camere erano composte da un numero che poteva variare tra i dieci ed i trenta membri – detti consiglieri – e la metà di sostituti. I requisiti per essere eletto erano la cittadinanza austriaca, il pieno godimento di tutti i diritti civili e politici, un’età minima di trent’anni, il domicilio nel distretto ove risiedeva la camera e naturalmente il possesso e l’esercizio indipendente e patentato, oppure la direzione indipendente da almeno cinque anni, di una impresa di commercio o di industria. La durata del mandato durava tre anni ed i membri erano rieleggibili. Nei primi due anni le sostituzioni sarebbero avvenute a sorteggio (”decide la sorte chi debba uscire”); successivamente – al 31 dicembre di ogni anno – sarebbe scaduto dalla camera un terzo dei membri secondo il “rango progressivo di anzianità di servizio”. La nomina dei membri e dei sostituti si faceva per elezione diretta, ed elettori erano gli esercenti che pagavano il contributo Arti e commercio delle prime quattro classi. La camera stessa eleggeva un presidente ed un vicepresidente (appartenenti a sezioni diverse), che dovevano essere comunque confermati dal ministero del commercio. Il presidente era il solo rappresentante legale della camera (Ordinanza 26 marzo 1850).
Secondo i resoconti della commissione Giulini le camere di commercio ed industria, nel decennio di resistenza – mantenendosi estranee all’azione ed all’influenza politica – riuscirono a mostrarsi indipendenti. Nelle loro relazioni al ministero sullo stato della loro provincia, infatti, misero “a nudo le piaghe economiche degli ultimi anni”: queste furono considerate “preziosi documenti per l’amministrazione attuale. Chiunque vuol farsi un’idea delle nostre condizioni positive, non ha che scorrere le relazioni delle camere di Milano, Brescia, Mantova, Pavia, ecc.” (Atti della commissione Giulini 1962).

ultima modifica: 19/01/2005

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