ducato di Milano 1395 - 1535

Il vasto organismo politico-territoriale identificato come Dominio visconteo sforzesco fonda le proprie origine già nella seconda metà del XIII secolo, quando le molteplici e continue lotte tra le città dell’area padana avevano inevitabilmente evidenziato l’impossibilità di affermazione di un sistema di stati cittadini (Chittolini, Enciclopedia Europea).
Favorita dalla centrale posizione geografica, Milano andò presto manifestando la propria vocazione egemonica. Sede di una chiesa metropolitana che estendeva la sua autorità religiosa alle diocesi e città vicine, potenza economica e militare, Milano, con l’affermarsi della signoria viscontea, vide accrescere enormemente la propria capacità espansiva: “i comuni della Lombardia si trovarono così quasi naturalmente a confluire nel nuovo organismo territoriale che a prezzo della sudditanza politica, garantiva la pace” (Chittolini, Enciclopedia Europea, p. 582).
Nel corso della seconda metà del Trecento la signoria viscontea andò dilatando enormemente i propri confini: nel 1350 occupò, per circa cinque anni, Bologna, nel 1353 Genova, e ancora nel 1359 Pavia e circa un ventennio più tardi, nel 1371, Reggio Emilia. Ma l’assetto politico della “espansa” signoria era tutt’altro che saldo: essa si presentava più come una federazione di città, unite dalla sola sudditanza ad un un’unica dinastia, che come “corpo unitario di territori”.
La scarsa coesione politica che caratterizzava la signoria viscontea era dovuta alla riluttanza delle nuove città assoggettate, troppo fedeli alle loro tradizioni autonomistiche, per abbracciare con favore l’idea di entrare a far parte di un unitario organismo territoriale e veniva accentuata dalla consuetudine viscontea di dividere i territori del dominio, “così accumulati”, tra i vari esponenti della famiglia.
Nel 1339, alla morte di Luchino Visconti il Ducato venne diviso in due parti tra i figli Luchino e Giovanni; quest’ultimo solo nel 1349, dopo la morte del fratello, riunificò il dominio nelle proprie mani per poi dividerlo nuovamente tra i nipoti Matteo, Galeazzo e Bernabò.
Con l’avvento al potere di Gian Galeazzo Visconti iniziò la più importante fase della storia del dominio, fase che coincise con una nuova spinta espansionistica e soprattutto con l’accentramento del potere nelle mani di un unico esponente della famiglia.
Dopo aver ereditato dal padre, nel 1378, una parte di dominio ed aver in seguito spregiudicatamente eliminato lo zio Bernabò, Gian Galeazzo diede inizio ad una lunga serie di guerre espansionistiche che gli consentirono nel 1378 di recuperare Asti, nel 1387 e 1388 di conquistare in Veneto, Verona, Vicenza e Padova; e ancora negli ultimi anni del secolo XIV e nei primi del XV arrivò a conquistare Perugia, Assisi, Siena, Pisa ed a recuperare nuovamente Bologna.
Nel 1395 infine Galeazzo riuscì ad essere investito dall’imperatore del titolo ducale e ad ottenere una tale “dignità che non solo poneva su più salde basi giuridiche il suo potere, ma gli conferiva anche una particolare autorità tra i potentati italiani; e voci di poeti cortigiani indicarono in lui il nuovo re d’Italia” (Chittolini, Enciclopedia Europea, p. 582).
Con la morte improvvisa di Gian Galeazzo, avvenuta nel 1402, il dominio, secondo la consuetudine viscontea, venne nuovamente suddiviso tra i figli del duca: a Giovanni Maria, primogenito, toccarono il titolo ducale, Milano, su cui tale titolo era appoggiato, e le province centrali; a Filippo Maria, col titolo di conte, Pavia, le città piemontesi e venete; a Gabriele Maria, Pisa e le città dell’Italia centrale.
Ma a causa della debolezza dei regnanti il dominio, nel corso dei primi decenni del Quattrocento, si frantumò ulteriormente in diversi stati cittadini; solo nel 1420, dopo circa un ventennio di guerre intestine, Filippo Maria, succeduto, nel 1412, al fratello Giovanni Maria nel titolo ducale, riuscì a riunificare il dominio nelle sue dimensione lombarde.
Con l’affermazione al potere di Filippo Maria presero sempre più forma quelle magistrature centrali e periferiche – la Cancelleria, il Consiglio segreto, i maestri delle entrate ordinarie e straordinarie, e ancora i commissari e i referendari – che, già comparsi precedentemente durante la dominazione di Gian Galeazzo, da un lato ressero il governo dello stato visconteo-sforzesco per molti secoli, dall’altro mantennero viva una situazione di larghe autonomie e privilegi a favore dei “corpi intermedi” il cui appoggio e favore si era rilevato necessario per il mantenimento dello status quo politico-istituzionale.
E il robusto particolarismo che animava la politica viscontea si rilevò con chiarezza nel 1447, al momento della morte del duca Filippo Maria, privo di eredi. La crisi dinastica fece sì che molte città parte del dominio, Milano in primis, si resero autonome ed instaurarono regime di governo repubblicano: a Milano venne infatti proclamata la Repubblica Ambrosiana.
Solo tre anni più tardi, il condottiero Francesco Sforza riunificò dopo una lenta e faticosa opera di riconquista, tutti i territori lombardi che fino al 1447 avevano composto la signoria viscontea. Conquista che venne ulteriormente ribadita nel 1454 in occasione della stipulazione della pace di Lodi. A partire da quell’anno si aprì per il Ducato un periodo di generale ripresa, economica, demografica e di consolidamento politico sotto la giuda della famiglia Sforza, nonostante la breve crisi interna provocata, nel 1476, dall’assassinio di Galeazzo Maria Sforza e, nel 1479, dalle lotte intestine per l’affermazione di Ludovico il Moro.
Una brusca svolta nella storia del Ducato sforzesco si ebbe intorno agli ultimi anni del Quattrocento, quando le mire espansionistiche della monarchia francese trasformarono, per circa vent’anni, la Lombardia in campo di battaglia e oggetto di contesa franco-asburgica. Tuttavia la preponderanza francese venne definitivamente interrotta nel 1525 in seguito alla sconfitta di Pavia che vide l’affermazione del vincitore Carlo V.
Dopo un breve periodo di governo diretto l’imperatore Carlo V rimise sul trono ducale Francesco II Sforza, con l’intesa che alla sua morte, avvenuta poi nel 1535, il Ducato, territorialmente ridimensionato in seguito ai lunghi conflitti che da vicino lo avevano investito, in quanto feudo imperiale, sarebbe ritornato all’impero (Chittolini Enciclopedia Europea; Cognasso 1955; Bendiscioli 1957 a; Sella 1987).

ultima modifica: 03/01/2006

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