repubblica italiana 1802 - 1805

La Repubblica italiana venne proclamata il 26 gennaio 1802 dalla Consulta straordinaria cisalpina convocata a Lione con legge del 12 novembre 1801 (legge 21 brumale anno X).
Contemporaneamente fu promulgata la carta costituzionale e si provvide alla nomina del presidente, del vicepresidente e delle altre più importanti cariche istituzionali (nomine 26 gennaio 1802).
La costituzione, che ricalcava il modello di quella francese dell’anno VIII, era formata da 128 articoli, raggruppati in 15 titoli: I. della Repubblica italiana; II. del diritto di cittadinanza; III. de’ Collegi; IV. del Collegio de’ possidenti; V. del Collegio de’ dotti; VI. del Collegio de’ commercianti; VII. della Censura; VIII. del governo; IX. della Consulta di stato; X. de’ ministri; XI. de’ Consigli legislativi; XII. del Corpo legislativo; XIII. de’ tribunali; XIV. della responsabilità de’ funzionari pubblici; XV. disposizioni generali.
Il primo articolo proclamava la religione cattolica apostolica romana come religione di stato, mentre con il secondo veniva stabilito che la sovranità risiedeva nell’universalità dei cittadini. “Organo primitivo” di questa sovranità erano i tre collegi elettorali dei possidenti, dei dotti e dei commercianti, con sede, rispettivamente, a Milano, Bologna e Brescia. I membri dei tre collegi, eletti a vita, si radunavano, su invito del governo, per completare i loro corpi e per predisporre le liste per la nomina dei componenti della Consulta di stato, del Corpo legislativo, dei tribunali di revisione e di cassazione e dei commissari della contabilità. Tale nomina spettava poi alla Censura, una commissione formata da 21 membri scelti all’interno dei collegi elettorali, che si riuniva a Cremona.
Il governo della Repubblica era affidato ad un presidente, ad un vicepresidente, ad una Consulta di stato, ad un Consiglio legislativo e a dei ministri. Al presidente, vero arbitro e controllore supremo, spettava “l’iniziativa di tutte le leggi” e “di tutte le negoziazioni diplomatiche”, la nomina del vicepresidente, del segretario di stato, degli agenti civili, dei diplomatici, dei capi d’armata, dei generali, dei membri del Consiglio legislativo e dei ministri, per mezzo dei quali esercitava “esclusivamente” il potere esecutivo; ad esso spettava inoltre presiedere la Consulta di stato, organo di otto membri cui competeva “specialmente” l’esame dei trattati diplomatici “e di tutto ciò che ha rapporto agli affari esteri dello Stato”(costituzione 1802).
I ministeri erano sette: giustizia, tesoro pubblico, relazioni estere, affari interni, finanze, guerra e culto, di cui soltanto i primi tre ricordati nel testo costituzionale. Il dicastero delle relazioni estere era distinto in due divisioni: una con sede a Parigi presso il presidente, l’altra residente a Milano presso il vicepresidente, dove era insediata anche la segreteria di stato, organo amministrativo centrale della Repubblica.
Unico organo di potere legislativo era il Corpo legislativo, formato da 75 membri da “scegliersi da ciascun dipartimento in ragione di popolazione”. Convocato dal governo, il Corpo legislativo aveva il compito di approvare o di respingere i progetti di legge predisposti dal Consiglio legislativo, che erano preventivamente esaminati e discussi da una sezione dello stesso Corpo, la Camera degli oratori, insieme a rappresentanti del Consiglio legislativo.
Il territorio della Repubblica italiana continuava ad essere quello riconosciuto alla Cisalpina nel trattato di Luneville del febbraio 1801, che comprendeva il Novarese, il Vigevanasco e la Lomellina, l’ex Lombardia austriaca, il Bergamasco, il Bresciano, il Cremasco, il Mantovano, parte del Veronese e del Polesine di Rovigo, il Reggiano, il Modenese, la provincia di Massa e Carrara e le tre ex legazioni di Bologna, Ferrara e Romagna (trattato di Lunéville).
La stessa ripartizione in dipartimenti, distretti e comuni, cui faceva riferimento il terzo articolo della carta costituzionale approvata a Lione, salvo alcune parziali modifiche, rimaneva fondata sulla legge di comparto territoriale del 13 maggio 1801, in base alla quale il territorio della Repubblica era suddiviso in 12 dipartimenti: Agogna (Novara), Lario (Como), Olona (Milano), Serio (Bergamo), Mella (Brescia), Alto Po (Cremona), Mincio (Mantova), Crostolo (Reggio), Panaro (Modena), Basso Po (Ferrara), Reno (Bologna), Rubicone (Cesena) (legge 23 fiorile anno IX).
L’organizzazione amministrativa dipartimentale e quella locale furono invece profondamente riformate con la promulgazione di due successivi testi di legge: il decreto vicepresidenziale 6 maggio 1802, che introduceva ufficialmente le figure del prefetto e del viceprefetto, e la legge sull’organizzazione delle autorità amministrative del successivo 24 luglio, con la quale venne completata la sistemazione dell’apparato amministrativo periferico e, al contempo, si procedette alla riorganizzazione dei comuni, introducendo la distinzione in tre classi definite in base alla consistenza della popolazione e rilevanti sia per la composizione dell’organo deliberativo, il consiglio comunale, sia per quella della municipalità (legge 24 luglio 1802).

ultima modifica: 03/01/2006

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