regno d'Italia 1805 - 1814

Nel marzo del 1805, con il primo statuto costituzionale, la Repubblica italiana fu trasformata in una monarchia ereditaria, il Regno d’Italia. Il trono venne allora assunto dall’imperatore di Francia, Napoleone (primo statuto costituzionale), che il successivo 26 maggio fu incoronato a Milano con la corona ferrea.
L’organizzazione istituzionale, basata sulla costituzione repubblicana di Lione del gennaio 1802, venne progressivamente adattata alla nuova forma di stato attraverso la pubblicazione di altri otto statuti costituzionali emanati tra la fine di marzo del 1805 e lo stesso mese del 1810.
La carica di vicepresidente, quale rappresentante a Milano dell’autorità suprema, venne sostituta con quella di viceré (terzo statuto costituzionale), cui fu nominato Eugenio Beauharnais, figliastro di Napoleone (decreto 7 giugno 1805 a). Con il terzo statuto del 5 giugno 1805 vennero inoltre ridefinite le funzioni dei collegi elettorali, della Censura e del Corpo legislativo, unico organo rappresentativo del Regno, convocato per l’ultima volta durante l’estate del 1805. Furono poi stabilite l’organizzazione e le attribuzioni del Consiglio di stato, organo centrale del Regno istituito un mese prima (decreto 9 maggio 1805), unificando in un solo corpo tre istituti del passato periodo repubblicano: la Consulta di stato, divenuta Consiglio dei consultori, il Consiglio legislativo e il Consiglio degli uditori.
Con il quinto statuto costituzionale del 20 dicembre 1807 il Consiglio dei consultori venne poi staccato dal Consiglio di stato e trasformato in Senato consulente (quinto statuto costituzionale), con competenze insieme consultive, legislative e di controllo. Il Senato fu comunque prima di tutto un organo di rappresentanza dello stato, del quale vennero chiamati a far parte i principi della famiglia reale, i grandi ufficiali della corona, le massime cariche religiose dello stato, i consiglieri di stato consulenti e “benemeriti cittadini” nominati dal sovrano, al quale spettava la presidenza (sesto statuto costituzionale).
I ministeri del Regno rimasero gli stessi presenti durante il triennio repubblicano, vale a dire: affari interni, culto, finanze, tesoro pubblico, giustizia, guerra e relazioni estere; quest’ultimo sempre con doppia sede a Milano, presso il viceré, e a Parigi, presso l’imperatore e re, dove venne ora a risiedere anche uno dei due segretari di stato, Antonio Aldini, che, dotato del rango di ministro (decreto 8 giugno 1805 b), divenne di fatto il coordinatore dell’amministrazione del Regno d’Italia.
L’organizzazione amministrativa periferica e locale del Regno fu delineata anch’essa l’8 giugno 1805, con un decreto che apportò significative modifiche all’ordinamento precedente soprattutto per quanto riguarda le nomine, che furono tutte accentrate nelle mani del sovrano, fatta eccezione per quelle degli organi dei comuni di terza classe – ovvero con una popolazione inferiore a 3.000 abitanti – riservate ai prefetti.
A questi ultimi, con poteri accresciuti, rimase affidata la guida dei dipartimenti, dove erano inoltre previsti un Consiglio di prefettura e un Consiglio generale. Nei distretti stava invece il viceprefetto, assistito da un consiglio distrettuale, mentre nei cantoni doveva essere presente almeno un giudice di pace e, per le materie amministrative e censuarie, un consigliere del censo. Alla testa dei comuni vennero infine introdotte la figura del podestà – nei comuni di prima o seconda classe, ovvero con popolazione maggiore, rispettivamente, ai 10.000 o ai 3.000 abitanti – e quella del sindaco – nei comuni di terza classe – nelle cui mani, con un successivo decreto del 5 luglio 1807, furono concentrate anche le funzioni in precedenza attribuite alle Municipalità. L’organo deliberativo del comune rimase il consiglio comunale (decreto 8 giugno 1805 a).
Con il citato decreto dell’8 giugno 1805 venne inoltre disposta la compartimentazione del Regno in dipartimenti, distretti, cantoni e comuni.
I dipartimenti erano complessivamente quattordici: ai dodici della Repubblica italiana (Agogna, Alto Po, Basso Po, Crostolo, Lario, Mella, Mincio, Olona, Panaro, Reno, Rubicone, Serio), vennero infatti aggiunti i dipartimenti dell’Adda e dell’Adige, con capoluogo, rispettivamente, a Sondrio e a Verona.
Il loro numero si accrebbe poi durante gli anni successivi a causa del progressivo ampliamento territoriale del Regno seguito alle vittorie napoleoniche.
Le aggregazioni ebbero inizio nel marzo del 1806, con quella dei territori ex veneti e dell’Istria (decreto 30 marzo 1806 b), che, fatta eccezione per il Veronese italiano riunito al dipartimento dell’Adige, furono ripartiti in sette dipartimenti: Adriatico (Venezia), Brenta (Padova), Bacchiglione (Vicenza), Tagliamento (Treviso), Piave (Belluno), Passariano (Udine) e Istria (Capo d’Istria) (decreto 29 aprile 1806). La Dalmazia rimase invece provincia e fu lasciata all’amministrazione di un provveditore generale (Coraccini 1823)
Contemporaneamente, il Regno dovette cedere al ducato di Lucca e Piombino la Garfagnana e i territori di Massa e Carrara (decreto 30 marzo 1806), mentre, un mese più tardi, acquisì il principato di Guastalla (decreto 24 maggio 1806), poi incluso nel dipartimento del Crostolo (decreto 24 agosto 1806).
Nell’ottobre del 1807 il Regno ampliò il proprio confine orientale fino alla linea dell’Isonzo, mediante il trasferimento del territorio di Monfalcone all’Austria e la cessione al Regno della contea di Gradisca sulla riva destra del fiume (Zaghi 1986).
L’anno successivo vennero invece unite al Regno d’Italia le province di Urbino, Ancona, Macerata e Camerino (decreto 2 aprile 1808), organizzate nei dipartimenti del Metauro (Ancona), del Musone (Macerata) e del Tronto (Fermo) (decreto 20 aprile 1808).
Nel 1809, con la pace di Schönbrunn, al Regno furono poi aggregati alcuni territori lungo la frontiera nord orientale tra cui parte della Carinzia, con le città di Gorizia, Trieste e Fiume. Al contempo dovette però rinunciare all’Istria, che con la Dalmazia, venne inglobata nelle Province Illiriche, soggette direttamente all’Impero francese (Zaghi 1986).
Con decreto 28 maggio 1810 furono infine riuniti al Regno d’Italia il Trentino e il Tirolo meridionale, i quali, ceduti dalla Baviera alla Francia con il trattato concluso a Parigi il precedente 28 febbraio, andarono a formare il ventiquattresimo dipartimento, denominato Alto Adige, con capoluogo Trento (Zaghi 1986).
Al termine di queste incessanti trasformazioni il territorio del Regno si estendeva dalla Sesia all’Isonzo, dal Brennero agli Abruzzi, dal confine austriaco a quello del Regno di Napoli. I suoi abitanti, al contempo, erano passati dai circa 3.800.000 del 1805 agli oltre 6.700.000 del 1813, più di un terzo dunque dell’intera popolazione della penisola (Zaghi 1986). Diverso invece l’andamento dei comuni, che, con la emanazione dei testi attuativi del “decreto sull’aggregazione e concentrazione dei comuni di seconda e terza classe distanti ancora dal loro maximum di popolazione” (decreto 14 luglio 1807), scesero, in questo stesso periodo, da 3.192 a 2.155 (Zaghi 1986).
Il Regno d’Italia cessò di esistere nell’aprile del 1814. I territori che ne avevano fatto parte vennero divisi fra Austria, Santa sede, Regno di Sardegna e ducati di Modena e Parma.

ultima modifica: 03/04/2006

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