comune di Desio sec. XIII - 1757

L’esistenza di un ordinamento comunale è testimoniata da un documento datato 15 febbraio 1260, trascritto negli “Atti del Comune di Milano”, in cui Desio è citato come comune ed è segnalata la presenza del console (Baroni 1987).
Negli “Statuti delle acque e delle strade del contado di Milano fatti nel 1346” Desio risulta incluso nella omonima pieve e viene elencato tra le località cui spetta la manutenzione della “strata da Niguarda” come “el borgo da Desio” (Compartizione delle fagie 1346).
Nei registri dell’estimo del ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Desio risulta ancora compreso nella medesima pieve (Estimo di Carlo V, Ducato di Milano, cart. 16 e 17).
Capoluogo di una vasta pieve, Desio a metà del XVIII secolo era uno dei borghi più densamente popolati: nel corso dei secoli dell’età moderna esso era infatti andato registrando notevoli aumenti demografici, passando dalle 398 anime numerate nel “Summarium descriptionis facte in locis plebis Dexii” inviato al magistrato delle entrate ducali nel 1.530, alle 700 registrate intorno alla metà del Cinquecento in un altro “Summarium” (Summarium) ed infine alle 2.011 anime registrate nelle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751.
L’assemblea dei capi famiglia, radunata nei primi giorni di ogni anno per le nomine delle diverse cariche municipali e per l’approvazione del bilancio consuntivo e preventivo della comunità, rappresentava l’organo decisionale del borgo: “le modalità di convocazione dell’assemblea erano quelle comunemente prescritte nel diritto consuetudinario milanese: la Universitas Communitatis et Hominum burgi Dexii veniva “convocata et congregata in pubblica platea, sono campane premisso” ad istanza del console e dei sindaci e su mandato ed imposizione del pretore o del suo luogotenente, che ne presiedevano i lavori” (Superti Furga 1979).
All’assemblea dei capi famiglia faceva riscontro un più ristretto organo esecutivo composto da “sindaci reggenti” e da “sopraeletti”, nominati annualmente dall’assemblea stessa, in numero che, nel corso del XVI, secolo variò tra i 16 ed i 6 componenti. I sindaci “reggenti” erano impegnati in mansioni legate a problemi di ordinaria amministrazione, ai sindaci “sopraeletti” erano invece demandate funzioni di controllo e di intervento nelle questioni di maggiore rilievo.
Compiti di polizia locale erano infine raccomandati al console di Desio, nominato annualmente sempre dall’assemblea, secondo il comune criterio di scelta che affidava l’incarico a colui che si impegnava a svolgere tale servizio al minore costo.
Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che l’intero apparato amministrativo del borgo era ancora costituito dall’assemblea dei capi di casa e da un consiglio ristretto composto da tre sindaci, “che sono capi di tre classi di persone, cioè un nobile per i nobili, un mezzano per li mezzani ed un povero per li poveri”. Ai tre sindaci – eletti il nobile da un particolare consiglio di primi estimati “nobili” e gli altri due “a voti segreti” da tutto il popolo radunato in piazza – era raccomandata la gestione degli interessi della comunità ma soprattutto “la vigilanza sopra la giustizia dei riparti pubblici”.
A completare l’organizzazione amministrativa della comunità vi erano un cancelliere ed un esattore: al primo, residente per la maggior parte dell’anno in Milano ma rappresentato in loco da un suo intendente, erano raccomandate la compilazione e ripartizione delle imposte annuali e la custodia delle scritture pubbliche, libri dei riparti compresi; al secondo, nominato “a pubblico incanto”, erano delegate le operazione di riscossione dei tributi, le quali potevano essere compiute solo dopo essere state approvate e firmate dai tre sindaci suddetti.
Compiti di polizia continuavano infine ad essere attribuiti al console, nominato sempre a “pubblico incanto” (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3063).
A metà del XVIII secolo il comune, infeudato dal 1476 (Casanova 1930), aveva il podestà feudale, residente in Milano, ma rappresentato in loco da un luogotenente, a cui la comunità corrispondeva un onorario a “titolo di podestaria”, ed era anche sottoposto “per il Maggior Magistrato” all’ufficio del capitano di giustizia di Milano, presso i quali il console, in quanto tutore dell’ordine pubblico, era tenuto a prestare ogni anno l’ordinario giuramento (Risposte ai 45 quesiti, 1751; cart. 3063).

ultima modifica: 13/10/2003

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