terra separata sec. XV - 1756

La natura composita delle strutture politico-amministrative dello stato di Milano in epoca moderna era accentuata dalla presenza di alcune comunità che si sottraevano alla diretta autorità degli organi centrali di governo. Si trattava delle cosiddette "terre separate" . Con l'espressione "terra separata" si usava indicare nel linguaggio cancelleresco dello stato milanese quella particolare condizione di autonomia fiscale, giurisdizionale e amministrativa che derivava dal distacco di determinati centri e territori dai distretti cittadini ai quali essi avrebbero dovuto appartenere in quanto già compresi, in età comunale, nel contado di una città. La separazione dal contado comportava, per ciò stesso, separazione dalle circoscrizioni provinciali del ducato di Milano, che sui vecchi confini degli stati cittadini si erano di regola ricalcate, e una dipendenza immediata e diretta dal principe. La separazione rispondeva chiaramente a un'esigenza di autonomia e comportava, quindi, indipendenza rispetto agli ufficiali della città e agli ufficiali che il governo centrale inviava nel capoluogo di provincia. Bisogna tuttavia sottolineare che questa aspirazione a una totale autonomia dalla città capoluogo e alla immediata dipendenza dalle magistrature centrali dello stato trovò nel complesso soddisfazione solo parziale e fu oggetto per tutta l'età moderna di continue controversie tra le città capoluogo e le comunità. Il capoluogo, ottenendo spesso soddisfazione, sosteneva infatti la competenza dei propri tribunali e del collegio dei giudici cittadino anche sulle terre separate e pretendeva che, in caso di controversie tra abitanti delle terre separate e cittadini, in particolar modo nelle cause d'appello, il giudizio spettasse ai tribunali della città. Le terre separate si governavano secondo propri statuti che presentavano tratti particolari e fortemente autonomistici: in essi si riaffermava in genere la validità e l'esclusività delle norme contenute e si sanciva l'esclusione dello statuto urbano dalla gerarchia delle fonti di diritto al quale ricorrere in sede di giudizio; si sottolineava il fatto che il giusdicente locale era detentore del mero e misto imperio e che la terra era assolutamente autonoma fiscalmente e amministrativamente; si decretava l'obbligo per il podestà e gli ufficiali locali alla difesa di questa autonomia, escludendo la possibilità di intervento per magistrati e ufficiali estranei. L'autonomia giurisdizionale comportava formalmente il diritto per gli abitanti della terra a non essere giudicati da tribunali estranei e per il podestà locale il diritto ad amministrare giustizia in qualunque materia e nei confronti di chiunque, anche stranieri e cittadini, quando nella controversia era coinvolto un abitante della terra. La "separazione" nella storia istituzionale lombarda fin dal XIV-XV secolo fu un traguardo ambito da molte comunità. Alcune vi pervennero con relativa facilità. La concessione del privilegio di separazione risultò essere per cosi dire la ratifica di una situazione di forza e autonomia precedentemente maturata, come nel caso di Vigevano, Treviglio e Monza nel ducato di Milano, Soncino nel contado di Cremona. Per altre terre l'acquisizione fu più lenta e contrastata e potè maturare solo in circostanze particolari. Castelleone, Casalmaggiore, Pizzighettone e Fontanella, infatti, furono costituite terre separate del contado cremonese solo dopo l'annessione nei domini veneti dei territori di Brescia e Bergamo.

ultima modifica: 12/01/2007

[ Saverio Almini ]