feudo camerale sec. XVI - sec. XVIII

Nello stato di Milano in epoca moderna fu massiccia la diffusione del feudo camerale, che aveva tuttavia perduto le caratteristiche tipiche del feudo medievale. Se infatti l'alto medioevo aveva attribuito al feudo la quasi totalità dei poteri di governo che passavano a chi riceveva l'investitura, fatto salvo l'obbligo dell'omaggio e dell'aiuto all'imperatore, l'esperienza comunale aveva visto l'affrancamento dal feudatario di ville e borghi del contado che, affermando la propria libertà, si erano dati propri statuti e proprie strutture amministrative. Con l'affermazione della signoria e del principato e poi con il consolidamento dello stato regionale, al di sopra delle magistrature particolari e degli uffici cittadini, furono imposte strutture di governo e di controllo guidate da un potere centrale già forte e articolato. I duchi di Milano esercitavano la piena e diretta amministrazione su tutti i territori da loro dipendenti, mantenendo uno stretto controllo sulle città, ma separando da quelle le comunità e i borghi dei contadi, per essere il loro governo diretto troppo difficile e dispersivo, concedendoli appunto in feudo. Tra il XIV e il XVIII secolo la Lombardia si coprì quindi di feudi, non più dipendenti dall'imperatore bensì concessi dal principe e strettamente controllati dalla camera, ufficio finanziario centrale dello stato. La differenza di maggiore rilievo tra le infeudazioni del XIV-XV secolo e quelle di età spagnola fu nella diversa concezione di feudalità: se infatti sino ai primi decenni del XV secolo le investiture venivano ancora elargite come ricompense per servigi militari, politici, amministrativi, con gli Absburgo il regime feudale cessò quasi definitivamente di essere considerato come strumento attraverso cui assicurarsi la fedeltà dell'aristocrazia e venne sempre più visto come un mezzo per ricavare entrate straordinarie con cui far fronte ai sempre crescenti bisogni dell'erario. Le infeudazioni e rinfeudazioni del periodo spagnolo avevano quindi carattere apertamente venale, al punto che un feudo vacante era oggetto di un'asta pubblica e veniva concesso al miglior offerente con la sola riserva che questi fosse nobile o vivesse "more nobilium". Il fenomeno feudale lombardo raggiunse la sua massima intensità nel XVII secolo, proprio in concomitanza con l'accentuarsi del fattore che più ne favoriva lo sviluppo: la crescente domanda di denaro da parte della regia camera per far fronte alle spese militari sia della monarchia sia dello stesso stato di Milano. Dall'inizio del XVII secolo alla pace dei Pirenei del 1659 le gravi urgenze dell'erario spinsero la corona spagnola a ricorrere su larga scala alla pratica di alienazione di feudi, titoli nobiliari e di ogni altra entrata camerale: dazi, regalie, diritti di caccia e di pesca, diritto di prestino e di beccaria. Le comunità che non intendevano farsi infeudare erano obbligate a pagare una quota di "redenzione" che poteva essere anche rateizzata. L'aspetto economico dell'investitura feudale non veniva tuttavia considerato vantaggioso dalla sola regia ducale camera: anche per gli acquirenti alle finalità di prestigio e promozione sociale si univano infatti moventi di natura economica. Pur con molti limiti, il feudo permetteva, nel XVII secolo, di acquisire i redditi diretti inclusi nelle concessioni, talvolta non così cospicui se considerati singolarmente, ma consistenti nel loro insieme. Con l'acquisto del feudo al feudatario veniva trasmesso anche un importante settore della vita civile: l'amministrazione della giustizia. Limitatamente ai tribunali di primo grado, ai feudatari era infatti concesso il potere di fare applicare le leggi dello stato e fare osservare gli statuti e le consuetudini locali che il feudatario stesso, ricevendo il giuramento e omaggio di tutti i capi di casa delle comunità, si impegnava a sua volta a riconoscere e osservare. Presto però le autorità centrali imposero al feudatario l'obbligo di affidare gli incarichi giurisdizionali a persone competenti, giudici laureati, mentre nei centri minori si accettarono anche causidici e notai. Il feudatario continuò comunque a vedersi riconosciuta la possibilità di influenzare l'amministrazione della giustizia attraverso la nomina del pretore feudale e, nei centri maggiori, del podestà. Ancora a metà del XVIII secolo ai feudatari "camerali", oltre a diversi diritti di riscossione dei proventi di numerose regalie alienate spettava il diritto di giurisdizione civile e penale di prima istanza. Tale diritto era limitato dal cosiddetto privilegio di "maggior magistrato" che esentava i proprietari terrieri residenti in città, i fittabili e coloni alle loro dipendenze dalla giurisdizione dei tribunali feudali. Le regalie alienate nei feudi vennero quasi interamente riscattate dalla camera in seguito a una complessa operazione finanziaria iniziata nel 1766 e terminata dopo più di un ventennio, nel 1791.

ultima modifica: 12/01/2007

[ Saverio Almini ]