feudo imperiale sec. XVI - sec. XVIII

Tra XVI e XVIII secolo i maggiori ostacoli a un uniforme controllo sui feudi da parte del senato milanese furono dovuti all'esistenza di numerosissimi feudi imperiali. Chi ne era investito era direttamente legato dal vincolo di vassallaggio all'imperatore. Fin da Carlo V e da Filippo II l'imperatore aveva dichiarato che il senato non doveva molestare i feudatari imperiali e che se lo avesse tentato i suoi atti sarebbero stati nulli. Filippo III proibì, contro il parere del senato, ogni innovazione in materia. Nei confini dello stato di Milano i feudi imperiali, la cui origine in taluni casi risaliva al IX-X secolo, costituivano vere e proprie "enclaves" giurisdizionali e fiscali. Nella dieta di Augusta del 1582 e nelle diete di Ratisbona del 1594 e 1613 erano sempre stati riaffermati i diritti dell'impero. Se in tempi di pace i feudi imperiali erano meno gravati di oneri camerali, durante le guerre la loro condizione diveniva gravosa, dovendo servire per far leva a favore dell'impero. Nel 1656, date le difficili condizioni della camera ducale, le truppe imperiali furono acquartierate sui feudi imperiali, che dovettero provvedere alle forniture di pane e altri generi per l'esercito; nel 1690 tutti i feudatari imperiali ricevettero l'ordine di pagare tre scudi d'oro per fuoco, come contributo per la guerra contro i turchi. Se l'impero tenne fermo il suo punto di vista conservatore nella questione dei feudi imperiali per tutta l'epoca spagnola, il senato di Milano ripropose sempre instancabilmente la questione affermando i suoi diritti. Il senato cercò sempre di indurre i feudatari imperiali a prestare giuramento di fedeltà o atti di vassallaggio, per esercitare atti di giurisdizione o amministrazione sui feudi imperiali. Per ottenere il giuramento di fedeltà al ducato il senato era pronto anche a pagare, e i certi casi gli stessi governatori appoggiavano l'azione del senato poiché si resero conto della necessità di avere un regime uniforme nei feudi. Si ebbe così un notevolissimo numero di feudi imperiali che giurarono l'"adherentia" al ducato. La necessità di sottoporre al diritto feudale comune del ducato i feudi imperiali era sentita dalle autorità milanesi nel XVII secolo allo stesso modo dei signori e duchi del XIV e XV secolo. Ma se in effetti la giurisdizione del senato fu esercitata su molti feudi imperiali e se il governatore dello stato ne dispose, l'opposizione imperiale determinò ribellioni tra i feudatari, che spesso (toscani in Lunigiana, genovesi nel Tortonese, piemontesi nelle Langhe, Gonzaga nel Cremonese) non appartenevano alla nobiltà milanese e costituivano perciò un pericolo latente per la sicurezza e l'integrità del ducato. Ma l'impero non volle mai cedere; l'aderenza fu considerata un attentato ai diritti imperiali: per l'amministrazione dei feudi imperiali non si ebbe mai attribuzione dell'esercizio dei poteri di legislazione, amministrazione, giurisdizione agli organi del ducato (governatore e senato). Vi furono sempre organi distinti e i feudi imperiali rimasero sempre soggetti alla plenipotenza imperiale. Il senato fu contrario sia ai feudi imperiali sia al ministro plenipotenziario, che esercitava nello stato poteri sovrani in nome dell'imperatore e che acquistò, durante i decenni delle riforme austriache, autorità massima in Lombardia. Fra il 1721 e il 1726 le autorità del ducato cercarono di sottoporre alle regole generali per il catasto dello stato i feudi imperiali. Contro questa iniziativa delle autorità milanesi ricorsero moltissimi feudatari imperiali, dichiarando che essi erano sotto la salvaguardia dell'imperatore. Per ordine imperiale non furono misurati diversi feudi (tra cui Maccagno, Garbagna, Vargo, Pergola, Cremnaga e Cassina alla Gera d'Adda) per più di centocinquantamila pertiche milanesi. Nel corso del XVIII secolo il numero dei feudi imperiali diminuì considerevolmente, perché essi, posti in maggior parte sui confini dello stato, passarono ad altri sovrani (i feudi delle Langhe, Tortonese, Lunigiana, Oltrepò passarono ai Savoia, a Genova, alla Toscana) ma ancora ai tempi di Maria Teresa la questione della misurazione venne discussa e risolta mediante singole convenzioni con i feudatari oppure al momento della devoluzione. Nei contadi di Lodi, Cremona, Pavia, Como, rispetto ai territori dello stato ceduti nella prima metà del XVIII secolo, vi erano pochissimi feudi imperiali, tra cui Civenna e Limonta sul lago di Como e Campione sul lago di Lugano, infeudati al monastero di Sant'Ambrogio di Milano.

ultima modifica: 12/01/2007

[ Saverio Almini ]