pretura regia 1774 - 1786

Durante la seconda metà del XVIII secolo la distribuzione territoriale delle preture regie, come del resto quella delle preture feudali, nell'intero stato di Milano era disomogenea. Continuavano inoltre a sopravvivere numerosi fori giudiziari privilegiati, per specifiche categorie di persone o per materie particolari; sullo stesso territorio, infine, potevano coesistere giudici dello stesso grado e con incarichi praticamente identici. La prima istanza civile e criminale era prerogativa generalmente dei podestà o pretori, ma nelle località infeudate coesistevano due organi giudiziari, quello feudale "per il minor magistrato" e quello regio "per il maggior magistrato". La giurisdizione dei giudici regi con sede a Milano si estendeva a tutto il territorio dello stato, sovrapponendosi a quella degli altri giudici di prima istanza che avevano giurisdizione su distretti periferici. Una prima significativa riorganizzazione delle giudicature inferiori, tanto regie che feudali, venne disposta con il reale dispaccio 10 febbraio 1774, pubblicato con editto del 6 giugno dello stesso anno. Dopo che con la real carta 23 settembre 1771 erano state regolate le competenze dei tribunali supremi della Lombardia Austriaca, la monarchia absburgica riconobbe la necessità di sistemare le giudicature inferiori, che tanto risentivano "degli originari difetti delle tanto moltiplicate e per lo più mal amministrate preture feudali". Così la monarchia si riproponeva di "dare una migliore organizzazione alle cure pretorie, si' in ordine al compartimento delle giurisdizioni territoriali che alla destinazione degli ufficiali necessari a conservare e a promuovere il buon regolamento dell'interna polizia dello stato". A tal fine venne innanzitutto accresciuto il numero delle preture regie, che furono divise in tre classi: alle dodici preesistenti (Milano, Abbiategrasso, Casalmaggiore, Codogno, Como, Cremona, Gallarate, Lodi, Pavia, Treviglio, Varese, Vimercate) ne vennero aggiunte altre dieci con sede a Brivio, Fontanella, Laveno, Lecco, Locate, Mariano, Menaggio, Pizzighettone, Porlezza, Pozzo Baronzio. A ciascuna pretura furono assegnati, oltre naturalmente al pretore o al vicario, un fiscale, un bargello e un numero di attuari e di fanti proporzionato all'importanza della sede. La nomina dei pretori regi era prerogativa del governo e l'incarico era triennale. I soggetti eleggibili all'ufficio di pretore dovevano essere laureati nella Università di Pavia, essere nativi dello stato milanese o ivi domiciliati da lungo tempo, non dovevano essere possessori di fondi stabili nel distretto della pretura, né dovevano professare nella medesima l'avvocatura o il patrocinio delle cause private (art. 4). Ai pretori era inoltre proibito allontanarsi dalla propria sede "senza le debite licenze"; in caso di assenza venivano sostituiti dal fiscale della curia. Nel 1774 fu abolita anche "qualunque giurisdizione cumulativa esercitata o pretesa per lo passato da qualsisia altro giudice o tribunale inferiore e salva soltanto la giurisdizione del regio capitano di giustizia a forma delle nuove costituzioni" (art. 7). Al contempo vennero riunite "all'officio pretorio tutte le banche e attuarie annesse per lo passato ai rispettivi offizi dei referendari, commissari del sale, capitani del divieto e a qualunque altro offizio soppresso col piano del dì primo gennaio 1772 e aggregato in virtù del medesimo alle regie curie della provincia" (art. 3). Oltre a razionalizzare le giurisdizioni e a stabilire obblighi e requisiti dei giudici regi, l'editto del 1774 provvide a disciplinare le giudicature feudali e a precisare i rapporti tra gli uni e le altre. Ai podestà regi venne concesso un rigido controllo sulle preture feudali: essi potevano intervenire d'ufficio in caso di assenza o inadempienza dei giudici nominati dai feudatari e funzionavano anche come appello nelle cause civili di minor rilievo. Per le altre cause l'appello avveniva nelle città, davanti ai collegi di giurisperiti. Il tribunale supremo era, come è noto, il senato milanese. Come la riforma delle amministrazioni provinciali, anche quella della giustizia conobbe una sensibile accelerazione durante il decennio di regno di Giuseppe II. Una profonda ridefinizione del sistema giudiziario venne delineata con il reale dispaccio 11 febbraio 1786 per la riforma dei tribunali: ogni giurisdizione fino ad allora esercitata a Milano e a Mantova da qualsiasi giudice regio o civico fu abolita e per tutti gli affari contenziosi vennero previsti tre gradi di giudizio. La prima istanza fu affidata alle preture, tranne a Milano e Mantova, dove era previsto un tribunale collegiale; nelle due città avevano sede inoltre i tribunali di appello e a Milano quello supremo di revisione, dove si doveva adire solo in caso di difformità di giudizio tra la prima istanza e l'appello. Dalla competenza dei giudici di prima istanza erano escluse le cause camerali, fiscali e feudali, che spettavano ai due tribunali di prima istanza di Milano e Mantova, e così pure quelle economali ed ecclesiastiche, già di competenza del soppresso senato e della giunta economale. Sarebbero state parimenti "eccettuate dal foro contenzioso tutte quelle vertenze e questioni" che potevano "emergere dall'esercizio regolativo e coattivo delle facoltà economiche attribuite nel nuovo sistema generale della pubblica amministrazione al consiglio governativo, alla direzione delle regie finanze ed agli intendenti o siano capi politici delle province oppure agli offici dipendenti rispettivamente dalle ora dette superiorità" (art. 18). Nel complesso la giurisdizione dei pretori risultò sensibilmente ampliata per la soppressione di altre giudicature concorrenti e per l'abolizione di ogni privilegio di elezione del foro. Per quanto riguarda in particolare i pretori forensi, la riforma giudiziaria giuseppina contribuì a rivalutarne la figura, offrendo nuove prospettive a una carriera che fino ad allora era quasi completamente separata da quelle che portavano agli uffici giudiziari più ambiti. Le loro competenze vennero allargate, il loro mandato divenne senza limiti di tempo e si eliminarono i sindacati; furono inoltre incamerate le tasse giudiziarie e si diede ai magistrati uno stipendio fisso, per metterli al di sopra di ogni sospetto di concussione. Con la suddivisione dei delitti in criminali e politici, introdotta dal nuovo codice penale giuseppino (tra i primi rientravano i delitti di lesa maestà e di lesione della vita e della proprietà, mentre delitti politici erano le trasgressioni alle norme di polizia e all'ordine pubblico, oltre che alle regole morali e di decoro), ai podestà o pretori locali, in forza delle indicazioni contenute in un poscritto a una lettera di Kaunitz del 30 aprile 1787 che, in attesa del mai realizzato adattamento del codice penale giuseppino alle condizioni locali della Lombardia Austriaca, continuò rappresentare la norma in materia di delitti politici, venne attribuita anche la "cognizione e punizione di que' delitti" che nel nuovo codice erano denominati "politici", con dipendenza dal governo. Quanto poi ai compiti di polizia e di pubblica sicurezza, a Milano venne istituito un ufficio centrale di polizia, mentre nelle altre città tale funzione spettò agli intendenti politici. Nei contadi invece anche questa incombenza ricadde sui pretori, nei quali convivevano dunque le qualifiche di giudice civile, penale, politico e funzionario di polizia, con dipendenza di volta in volta dai tribunali o dall'esecutivo. L'11 dicembre 1788 Giuseppe II approvò il nuovo compartimento territoriale per la giurisdizione del regio tribunale di prima istanza di Milano e delle regie preture urbane e forensi dipendenti dal tribunale d'appello. Le sedi pretorili scesero a sedici: nella provincia di Milano vi era la sola pretura della Martesana, con sede a Vimercate; nel pavese una aveva sede nel capoluogo e l'altra ad Abbiategrasso; in provincia di Cremona le sedi pretorili erano Cremona, Fontanella e Pizzighettone; tre erano anche le preture del lodigiano: Lodi, Codogno e Treviglio; nel territorio comasco, oltre a quella presente nel capoluogo, avevano sede le preture di Menaggio, Oggiono e di Valsassina; due erano le sedi pretorili della neoistituita provincia di Varese: Varese e Gallarate; vi era infine la pretura di Casalmaggiore. Un avviso diffuso dal tribunale di seconda istanza di Milano il 16 gennaio 1790 segnalava che con il nuovo compartimento approvato dall'imperatore l'11 dicembre 1788 restavano soppresse le regie preture (dipendenti dal regio tribunale d'appello di Milano) di Lecco, Locate, Piadena, Mariano, Porlezza, Laveno, mentre si doveva erigerne una nella Valsassina e trasferire a Oggiono quela esistente in Brivio, in modo tale che dal giorno in cui sarebbe stato posto in attività il nuovo compartimento la giurisdizione del regio tribunale di prima istanza, del regio tribunale criminale e delle regie preture di nuova istituzione venisse esercitata "da ciascuna prima istanza in tutto il territorio alla medesima spettante". Le preture feudali rimanevano nella "attuale loro consistenza". Le giurisdizioni feudali già aggregate a preture che venivano soppresse rimanevano sottoposte al nuovo regio pretore competente. L'esercizio delle giurisdizioni "in ogni parte conforme al nuovo compartimento territoriale" era fissato per il 31 gennaio 1790. Pochi giorni più tardi, in seguito alla morte di Giuseppe II, il trono imperiale absburgico passò a Leopoldo II. Mentre in altri settori la revisione degli ordinamenti giuseppini fu pressoché totale, in ambito giudiziario l'intervento del nuovo imperatore ebbe rilievo minore. Uno dei mutamenti più significativi introdotti in questo campo fu certamente la revoca della controversa distinzione tra delitti criminali e politici, ambedue attribuiti all'autorità giudiziaria. Di questa materia si occupava in particolare l'articolo XXXVIII, allegato A, del dispaccio sovrano 20 gennaio 1791, che sopprimeva le regie intendenze politiche provinciali e riuniva le competenze della regia polizia alla sfera d'attività del regio capitano di giustizia nella città di Milano, e ai pretori locali nelle altre città e giurisdizioni, ferma restando la loro dipendenza dal governo e dal tribunale d'appello "per le rispettive ispezioni e provvidenze". La "cognizione de' delitti di qualunque genere e l'inflizione delle pene", a norma delle leggi e degli editti in vigore, doveva appartenere alla sola potestà giudiziaria criminale. In conseguenza cessava nella città di Milano il dipartimento separato delle guardie di polizia. Il capitano di giustizia e i rispettivi pretori dovevano far eseguire "le catture, perquisizioni ed altre incumbenze", che richiedevano l'uso "della manoforte col mezzo del satellizio" che sarebbe stato assegnato secondo il bisogno. Con il medesimo dispaccio, all'art. XIX dell'allegato B, venne inoltre ristabilita "l'antecedente regia pretura di Pozzo Baronzio in Piadena", cui fu riassegnata la giurisdizione "in tutte quella parte di territorio che dalla stessa si eserciva avanti la di lei soppressione e che in forza del nuovo compartimento territoriale in parte fu aggregata alla regia pretura di Cremona e in parte a quella di Casalmaggiore" (avviso 30 aprile 1791). In seguito, con sovrano rescritto 27 giugno 1791, i pretori furono nuovamente sottoposti al sindacato periodico da parte del collegio dei giurisperiti di Milano. Già dal febbraio di quello stesso anno, Leopoldo II aveva nominato una giunta incaricata di predisporre il codice penale e di riesaminare altri aspetti della riforma giudiziaria, tra cui taluni riguardanti l'ordinamento dei tribunali di prima istanza e, in particolare, la figura del pretore. Nonostante il tentativo di accelerare i tempi di lavoro della giunta, dividendone le incombenze , i lavori non furono portati a termine prima dell'ingresso delle armate francesi nella Lombardia austriaca. Negli anni seguenti le preture vennero sostituite dalle giudicature di pace, dotate di minori attribuzioni e con giurisdizione ridotta a dimensioni cantonali.

ultima modifica: 12/01/2007

[ Saverio Almini ]