comune di Vigevano sec. XII - 1743

Nel 930 si istituiscono sia il “Comitatus Novariensis”, comprendente parte della Lomellina, che il “Comitato Bulgariensis” di cui faceva parte Vigevano e il suo territorio (Bergamo 1995).
In un atto di permuta del 963 è citato il toponimo “Vicogebun”, nel 1065 Enrico IV toglie al paese ogni vincolo feudale e lo dichiara libero comune.
Nel 1157 l’esercito di Milano espugna Vigevano, occupata per conto di Pavia dai marchesi Guglielmo di Monferrato e Opizzone Malaspina (Bergamo 1995).
Nel diploma di Federico I dell’8 agosto 1164, Vigevano è fra le terre su cui Pavia godeva dei privilegi, rinnovati da Enrico VI nel 1191 (Malagugini 1911).
Sul finire del secolo XII, in documenti di investiture di beni fondiari, Vigevano appariva come borgo della città di Pavia.
Federico II rispettivamente negli anni 1219, 1220 e 1230, conferma gli antichi privilegi concessi dai suoi predecessori: nell’elenco delle località che costituiscono il territorio pavese, si trova anche Vigevano (Malagugini 1912).
Il toponimo come “Veglevanum”, si trova citato nell’elenco delle terre del contado di Pavia del 1250 come appartenente alla Lomellina (Soriga 1913).
Nel 1220 Vigevano è libero comune soggetto solo all’imperatore, ma le lotte tra le due città lombarde, Pavia e Milano per il possesso di questo borgo continuavano aspramente e nel 1289 Vigevano con tutta la Lomellina diventano possedimenti prima del marchese Guglielmo di Monferrato poi di Manfredino Beccaria.
Nel 1302 era podestà di Vigevano Guido della Torre (Bergamo 1995).
Enrico VII nel 1311conferma alla città, i privilegi di libero comune.
Nel 1319 Matteo Visconti elegge a podestà di Vigevano il figlio Luchino, mentre nel 1356 Vigevano è occupato nuovamente da Giovanni marchese del Monferrato ed il Vigevanese entra così a far parte del comitato novariense.
Solo due anni dopo tornano i Visconti: vi signoreggia Bernabò, poi nel 1381 Gian Galeazzo che dona il feudo alla madre Bianca di Savoia, la quale nel 1383 ordina al comune di procedere al primo censimento della popolazione e dei beni.
Nel 1387 alla morte di Bianca, Vigevano ritorna a Gian Galeazzo Visconti (Colombo 1935), il quale approva, il 4 ottobre 1392 gli statuti e i decreti di Vigevano, che, secondo alcuni studiosi non erano che una riconferma di statuti risalenti al 1225, per altri invece, una revisione dei precedenti (Chittolini 1992).
Il manoscritto originale di tali statuti presenta due parti nettamente distinte, la prima è costituita da 290 capitoli, la seconda ne conta 130. Nella prima parte rientrano alcune norme concernenti il diritto penale, nell’altra, invece, sono ordinati cronologicamente i decreti viscontei promulgati rispettivamente da Galeazzo I e Bianca di Savoia, moglie di Galeazzo II, nel periodo compreso tra il 1368 e il 1392.
In seguito all’approvazione di Gian Galeazzo Visconti furono inserite alcune clausole solitamente ricorrenti nelle legislazioni municipali dei centri soggetti al dominio visconteo, aventi la funzione di definire l’ampiezza della potestà legislativa dei domini, nonchè i rapporti tra la legislazione signorile e quella locale (Chittolini 1992).
La legge dei signori, in qualunque forma fosse manifestata, prevaleva sempre su quella locale, a conferma che il diritto municipale, sancito dagli statuti, non costituiva, per i Visconti, una rinuncia al potere di derogare, con decreti e ordini, alle disposizioni statutarie approvate.
Quando Galeazzo II prese in mano il potere, ottenendo la signoria di tali terre nel 1354, attuò una cospicua opera di revisione degli statuti di alcuni centri, o una modificazione parziale, con alcuni provvedimenti.
Vigevano era stato definito, da Matteo Visconti un “castrum” compreso entro i confini della città di Pavia, autonomo e titolare di una propria giurisdizione. In conferma del suo carattere di terra separata, Vigevano fu posta sotto il diretto controllo dei Visconti che inviavano come giudice, sia nel civile che nel penale e come titolare dei poteri di governo un proprio vicario, la quale nomina doveva avvenire alla scadenza del vicario in carica, per iniziativa dei consoli, eletti dal consiglio generale.
I consoli, in particolare, avevano la facoltà di sollecitare il signore affinchè riconfermasse il vicario uscente (cap. 194 degli statuti del 1392).
Il decreto di Galeazzo II, non datato (ma verosimilmente inseribile nel periodo compreso tra il 1368 e il 1371), mutò tale regime vietando, sotto minaccia dell’inflizione di una pena pecuniaria, che i consoli, o altre autorità locali suggerissero il nominativo di un successore a loro gradito (cap, 294).
Secondo gli statuti, contro le sentenze e i provvedimenti ingiusti del vicario era consentito ai vigevanesi di presentare l’appello al dominus mediolani, qualora il signore avesse riconosciuto la fondatezza del ricorso, l’appellante avrebbe potuto conseguire il rimborso delle spese, (Cap. 22).
Tale regime fu modificato da un decreto di Bianca di Savoia, la quale vietò l’appello contro le sentenze criminali e uniformò la legislazione vigevanese a quelle di altre città lombarde.
Nell’età comunale, come di consueto, a Vigevano erano costituiti il consiglio generale e il consiglio di credenza che sopravvisse fino al primo periodo della dominazione viscontea.
Il consiglio generale aveva una composizione mista: 48 membri erano elettivi e 12 nominati dal podestà, che al tempo della redazione degli statuti era un vicario (cap. 92)
La serie dei decreti signorili per Vigevano, aggiunti al testo del 1392, termina con alcuni capitoli non datati, collocati sotto la rubrica “Statua ordinata in successionibus”(Chittolini 1992).
Vigevano nel 1409 viene conquistato da Facino Cane che ne resta signore fino al 1412 e che attuò una riforma del consiglio generale che permise alle grandi famiglie di estendere il loro controllo su un numero maggiore di cariche pubbliche (Chittolini 1992).
Agli inizi degli anni sessanta del Quattrocento la lotta politica tra personaggi anti sforzeschi e filo sforzeschi fu così aspra da provocare crisi anche a livello amministrativo. Valutato il fatto che fossero state compiute delle irregolarità nelle elezioni dei consigli generali del 1462 e del 1463,
nell’agosto dello stesso anno si avviò una riforma che porterà all’elezione di un nuovo consiglio nell’ottobre del 1463, che rimase in carica per quindici mesi.
Il vicario generale scrisse a Milano che aveva scelto sedici uomini dei più vecchi, dei più pratici e di miglior coscienza, ai quali aveva demandato di eleggere un nuovo consiglio. Dato che poi era norma che dodici consiglieri fossero eletti dal podestà, lo fece lui stesso.
Appena varata la riforma il consiglio generale così eletto mandò degli ambasciatori a Milano perchè chiedessero al duca che la riforma fosse revocata.
Non si conosce il testo della riforma, ma attraverso la lettura di altre fonti si possono citarne i criteri ispiratori che furono: in primo luogo si doveva ritornare agli statuti del 1392, quindi non più di tre persone per famiglia potevano essere elette nel consiglio, e, soprattutto, nessun straniero poteva farvi parte (Chittolini 1992).
Alla morte, di Facino Cane il borgo passerà per eredità a Beatrice di Tenda, che sposa in seconde nozze, Filippo Maria Visconti.
La popolazione nel 1445 è di circa 4300 abitanti.
”Veglevanum” è citato negli “Statuta Stratarum” di Pavia del 1452 inserito nella squadra di Lumelina (statuta stratarum).
Galeazzo Maria Sforza, nel 1470, riceve il castello e tutte le città del ducato, che poi, dopo una serie di disordini politici e amministrativi, passerà a Ludovico il Moro nel 1494.
Nel 1498 Vigevano è conquistata dai francesi e il re Luigi XII concede al maresciallo Giorgio Trivulzio il titolo di marchese di Vigevano.
Nel 1500 la popolazione era di circa 8000 abitanti.
Nel 1512 il marchesato di Vigevano passa al cardinal sedunense Matteo Schiner e con la restaurazione francese ritorna alla famiglia Trivulzio.
Nel 1530 Francesco II Sforza ottiene da Carlo V di aggiungere Vigevano al ducato di Milano, e crea, nel 1532 il contado detto il Vigevanasco.
Con decreto del 25 gennaio 1537 il senato di Milano riduce il consiglio generale di Vigevano a quaranta decurioni; il 3 gennaio 1543 viene mutato lo statuto di Vigevano in seguito alle controversie sorte all’interno della comunità.
Filippo III promulgava una serie di decreti che modificavano gli statuti precedenti: con quello del 12 luglio 1566 ordina che nessuno potrà accedere alla carica di console di Vigevano se non si vi aveva abitato per almeno 50 anni; con quello del 6 dicembrfe 1568 sancisce che non potevano essere eletti consiglieri della città i debitori per causa di esazione; con decreto del 6 ottobre 1606 stabiliva la segretezza del voto del consiglio (Duboin 1827-1854).
Sono del 1608 gli statuti civili e criminali della città e contado di Vigevano ottenuti grazie ad una istanza della città stessa (ASTo, Inventario n°45).
Nel 1625 il governo spagnolo pone in vendita la città e il suo territorio per 200.000 ducati.
Dopo una parentesi di potere sabaudo, il contado ripassa nelle mani degli spagnoli che tentano di rivendere Vigevano, fermati, però, dall’intervento del comune.
Il 9 ottobre 1648 la regia camera di Milano vende la città di Vigevano al marchese Cesare Visconti (ASTo, Inventario n° 45).

ultima modifica: 27/10/2002

[ Gloria Ferrario, Cooperativa Arché - Pavia ]