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1155. Francesco Sforza al podestà, al referendario di Pavia e a Gracino de Pescarolo 1452 novembre 20 Gambara.

Francesco Sforza chiede al podestà, al referendario di Pavia e a Gracino de Pescarolo se Giacomo dal Pozzo, come afferma, fu messo in condizione di dovere abbandonare Pavia per non potere più, per le ingiurie dei Pavesi, esecitare l'atività forense; il duca, ritenendo la scelta di Giacomo un atto di ribellione e non volendo che il suo abbandono rechi un grave danno allo Studio, vuole che, fatto il censimento di tutti i suoi beni, siano sequestrati in modo che, trascorso il termine che il duca indicherà nella lettera che gli scrive, essi siano assegnati alla Camera ducale; altrettanto sii imprigioni moglie, figli e famiglia o diano garanzia di non lasciare la città e presentarsi da loro. Circa la sua lamentela per il mancato pagamento per disposizione ducale i pagamenti dei docenti per l'anno a venire sono fatti in città e gli arretrati si avranno sulle entrate dell'anno futuro. Nella polizza allegata il duca vuole che ai dottori dell'università, oltre che ai cittadini, si mostri questa lettera in modo che constatino che il suo allontanamento dalla città è dovuto alla ingiuria recatagli.

Potestati, referendario Papie ac Gracino de Piscarolo.
Perché misser Iacomo dal Pozo se è partito et andato nelle parte inferiore et fugitosi da noy et ne ha poy scripto che la necessetà ala iniuria che li hanno facta li Pavesi como ingrati de non potere più allegare né avocare in quella citade como ha facto per lo tempo passato, l'ànno inducto andarsene, como vederiti per la copia dela sua littera; dela qual cosa ne meravigliamo, si cossì è, che per Pavesi sia facto questa cosa senza nostra licentia et saputa, siché de questo ne vogliati avisare se cossì è, et per quale casone quelli nostri citadini se sonno messi a fare questo propria auctoritate. Pur nondimeno, perché nuy intendimo monstrare che luy non habia facto bene, como ogniuno pò comprendere, maxime sapiando quanto dicto misser Iacomo è stato honorato, ben veduto et accarezato in quella cità da ogniuno, non parendone tolerarlo, perché luy non sia casone de dissolvere quelo nostro Studio, quale habiamo sopra ad ogni altra cosa a core, gli habiamo resposto como vederiti per la copia qui inclusa.
Pertanto, acioché in questo mezo non havesse luy ad sequire altro, vogliamo che debbiati fare descrivere tucti soy beni mobili et stabili quali luy ha in quella nostra cità de Pavia et sequestrargli cum tale provisione che niuna cosa d'essi possa andare in sinestro, advisandone de ordine et provisione gli haveriti facto, mandandone la descriptione d'essi beni. Et passato lo termine contento in la littera, quale scrivimo ad esso misser Iacomo, mandariti ad effecto la sua rebellione et applicatione de beni ala Camera nostra. Similiter fariti sostenire la moglie, figlioli et famiglia che non possano andarsene senza nostra licentia, [ 275v] overo che daghino sufficiente et idonea securitate de non partirse et de presentarsi quante volte voreti, et cetera.
Ulterius perché dicto misser Iacomo se lamenta del suo pagamento de quello resta havere, dicemo che a questo non ha rasone, perché nuy habiamo ordinato che'l pagamento de doctori per l'anno a venire se faza in Pavia et che nisuno non l'habia ad movere, et li sia facto assignamento de quello che cadauno doctore resta havere del passato, ne l'intrate nostre del'anno futuro, per modo cadauno resti integramente pagato. Et questa è firmamente nostra intentione, et cossì se vederà per effecto. Ex Gambara, xx novembris 1452.
Christoforus.
Cichus.
Poliza.
Perché forse quelli doctori dello studio prendaranno admiratione de questo facemo fare ad misser Iacomo, siamo contenti che a quelli doctori terreri et foresteri, che ve ne domandasseno de questo, che li monstrati questa littera, et cossì a citadini, et siamo contenti che la monstrati a quelli citadini vi pariranno acioché vedano che la iniuria li hanno facta è stata casone dela sua partita. Et ne avisati poy quello vi haveranno dicto tanto doctori como citadini.
Christoforus.
Cichus.