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1325. Francesco Sforza a Marcoleone Nogarolo (1453 gennaio 8 Milano)

Francesco Sforza dice a Marcoleone Nogarolo di non sopportare che i continui furti perpetrati nel Cremasco possano pregiudicare l'onore ducale e la fiducia nei salvacondotti. Vuole che si restituisca quanto rubato e si portino i renitenti dal luogotenente di Lodi, che non li rilascerà che a restituzioni avvenute.

Marcoleoni de Nugarolo.
Sentendo nuy che de continuo multiplicano più le robbarie che fano li nostri a quelli de Cremasca socto nostro salvoconducto, ne remanimo tanto malcontenti quanto se potessi dire al mondo, né deliberamo patirlo per modo alcuno, perché troppo preiudicaria al'honore nostro, che socto la fede de nostri salviconducti fossero robbati l'homini; et anche per simili inconvenienti ne rimangono damnezati et desfacti l'homini nostri, perché sonno ogni dì robbati in vendeta de quello robbano li nostri. Unde brevemente te dicemo cussì, Marcoleone, che may non acceptaremo scusa alcuna che tu facii, se tu non faray restituire ogni cosa tolta, aut el precio, et volimo che tu metti la mane al peto a chi se sia et habia nome come voglia, et lo astringhi a rendere el mal tolcto, aut che tu lo meni in mane del locotenente de Lodi, che non gli relaxa fina che non haveranno restituito integramente ogni cosa. Et circa questo facto operate cum tale effecto che cognoscamo che tu habii caro l'honore nostro. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.