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1399. Francesco Sforza al provveditore di Crema 1453 gennaio 26 Lodi.

Francesco Sforza risponde al provveditore di Crema sul suo ben comportarsi, sebbene, quanto detto dal luogotenente di Lodi sia esattamente il contrario. Se infatti sul furto ai sudditi sforzeschi fosse stata fatta chiareza, si sarebbe trovata prova e non la si sarebbe richiesta al luogotenente. Se da parte sforzesca si è sempre restituito tutto, non si dovevano maltrattare le cose ducali e, se il luogotenente di Lodi si fosse comportato con i suoi come il procuratore scrive, i suoi dovevano prendersela con il luogotenente perché, ricorda lo Sforza, Lodi è nostra e non del luogotenente. Loda invece il provveditore per quel che ha fatto circa i salvacondotti, evitando che, nella speranza del salvacondotto, la gente sia ingannata. A conclusione, il duca chiede la restituzione di quanto è stato sottratto ai suoi sudditi, assicurando lo stesso comportamento anche per l'altra parte, una volta che si sia accertato il furto essere opera dei sudditi ducali.

[ 313v] Provisori Creme.
Spectabilis amice carissime, havimo recevuto le vostre littere responsive ale nostre; ale quale respondendo et primo, ala parte deli costumi et boni portamenti vostri et altri officiali dela vostra signoria, non accade dire altro, se non che credimo dicate il vero.
Ma quanto al debato che occorre adesso per la robbaria hano facta li vostri ali nostri, dicemo cossì che, dato ch'el fussi, como ne scrivete del nostro locotenente de Lodi, el quale dice però omninamente el contrario de quanto voi scriveti, non è questa bona excusatione, perché se haveveno chiariti et facto evidentia al dicto locotenente dele robbarie facte ali vostri, la quale chiareza, se l'havessimo trovata qua al locotenente, como scriviti, non ve l'haverissimo domandata. Ma non l'havendo trovata, e richiedendola, non ve doveva essere grave chiarine ancora a nuy de questo, perché, como voy stessi dicite in le vostre littere, havendo nuy facto restituire sempre tutte quelle cose che sonno state manifeste non essere robbate ali vostri, cussì haverissimo facto al presente. Ma per venire ala conclusione de questo facto, ad nuy non pare né possimo altramente comprendere, se non ch'el vostro respondere cussì sul generale, non vole dire (a) se non che volite che li vostri retengano per uno, cinque: non se potria dare altra sententia del vostro scrivere. Et, se como è vero nuy havemo sempre proveduto ala indemnità deli vostri et facto fare le debite restitutione, non dovevano già maltractare nuy et Ie cose nostre, perché il locotenente de Lodi havese usato con li vostri quanto scriviti, ma damnificarlo luy, et doveti ben sapere che Lodi e homini de Lodesana sono nostri e non del locotenente; siché a qualunche pareria el vostro scrivere non satisfare bene al proposito. Quantum autem ala parte del salvaconducto, laudiamo quanto haviti facto; molto ne piace et se ne contentamo, perché meglio è che cussì sia che a che, sotto speranza del salvaconducto, l'homini fidandosi, siano inganati et robbati, et non era se non che uno robbasse qualche cosa per venire poy cum qualche colore de dire: "Li nostri sonno stati robbati" per fare simili excessi et represalie. Finalmente, per conclusione, dicemo ch'el ne pare debiate far restituire le cose tolte ali nostri, certificandovi che, como havimo facto del'altre volte, farimo restituire ali vostri fin ad uno pontale de stringa, quando sarimo chiariti esserli tolti per li nostri. Et ben dovete comprehendere voy, e qualuncha dricto homo, ch'el seria el maior mal del mondo et torto a far represalia socto pretesto de robaria fusse facta, fina a tanto che la non sia chiarita. Siché per honore dela vostra signoria et vostro, vogliate far restituire le robbaria ali nostri; altramente crederimo el contrario de quanto scriviti dela bona consuetudine et dispositione vostra. Laude, xxvi ianuarii 1453.
Ser Iacobus.
Iohannes.

(a) dire ripetuto.