Registro n. 12 precedente | 1453 di 2324 | successivo

1453. Francesco Sforza ad Antonio Venero 1453 febbraio 5 Milano.

Francesco Sforza accusa ricevuta della missiva di Antonio Venero, provveditore di Venezia a Ripalta, in risposta alla denuncia di furto subito dal ministro di San Lazzaro di Milano a opera di fanti di Bettino da Calcina a Cavagliono e Sottara, sebbene munito di salvacondotto rilasciato dal governatore veneziano Gentile. Alla osservazione addotta che si lasciarono trascorrere dieci giorni prima che qualcuno si presentasse a rivendicare la restituzione dell refurtiva, il ministro obietta che, prima della decorrenza dei detti dieci giorni, mandò un suo frate con alcuni nominati nel salvacondotto, enumerando anche le varie volte in cui invano i frati si presentarono. Chiede la restituzione di quanto preso per non vedersi costretti alle debite e necessarie reazioni.

[ 323r] Antonio Venero, provisori illustris dominii Venetorum in Ripalta.
Havemo havute le vostre littere responsive ale nostre ve mandassemo per la robbaria facta per li fanti de Betino da Calcina in Cavagliono et Sottara, già più dì passati, contra el salvoconducto, facto socto nome del magnifico Gentile, governatore dele gente dela prefata Signoria, al ministro de Sancto Lazaro de questa nostra inclita citade de Milano; ale quale, e specialmente dove disidi che passarono dece dì facta la robaria ante che veruno venesse ad lamentarse, et che l'homini proprii disserce che non havevano salvoconducto, esso ministro risponde cossì che, ante li dece dì manda uno deli soy frati cum alcuni dedicati al dicto Sancto nel dicto salvoconducto nominati, a rechiedere la restitucione dela preda, né da voy potè obtenere cosa alcuna, et poy, retornando, reporta tantumdem ultimamente, venendo da Gentile cum littere sue un altro suo frate, non lo volesse lassare intrare, et un'altra volta, ante che andasse a Bressa, essendo venuto là, lo festi ancora partire senza lassarlo intrare. Al facto che non habia salvoconducto, dise ch'el salvoconducto gli è, et se lo lassarete intrare lo exhibirà, ma, tenendolo de fora, né quello pò monstrare, né soa rasone dire. Per le quale cose intese, n'è parso de rescriverve et confortarve a lassare intrare el dicto frate et, monstrando el dicto salvoconducto, provedere ala restitutione dela robaria: che per tenerlo de fora non se pò dare altro inditio se non che non vogliate fare el dovere.
Neanche non è da dubitare che uno frate cum uno persona o doue nominate in esso salvoconducto, posseno importare preiuditio a facti vostri, chè non prendemo già nuy tanta umbreza deli vostri, quali habieno casone de venire nele terre nostre a procurare li facti soy. Et frivola exceptione è de dire che se lassasseno passare li dece dì, perochè, quando fossero ancora passati altratanti, nondimeno per le occupatione et per li impazi che pono havere le persone per varie cose, non se debbe stare che non se faceno boni li salviconducti quando sono facti, né bisogna fare più una excusatione che un'altra, ma se debbe andare (a) realmente, aItramente ogni salvoconducto se potria mettere per dubioso, et cossì niuno se potria may dare fede. Et, pertanto, iterum ve confortiamo a fare commoditade che se possa vegnire da voy cum el predicto salvoconducto et poi providere che la preda sia restituita, voglia (b) che siano vendute dele bestie, voglia che ge ne sia de morte, per honore fi dela prefata signoria et Gentile, como anche vostro; altramente saremo sforzati contra nostra voluntade a passare ultra et providere ala indemnitade deli nostri, como per altre volte ve habiamo denunciato. Mediolani, quinto februarii 1453.
Illi de Consilio secreto.
Cichus.

(a) mandare con m depennato.
(b) vogliano con no depennato.