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1999. Francesco Sforza a Luchina dal Verme 1453 maggio 23 Milano.

Francesco Sforza chiarisce a Luchina dal Verme la situazione di Antonio, cancelliere generale e "spenditore" della corte del duca, molestato per una possessione che la famiglia sua ha da circa ottant'anni dal vescovado di Piacenza. Dall'indagine avviata, il duca ha tratto la conclusione del torto del contadino, chè ha interrogato senza mutare il suo convincimento sulle ragioni di Antonio. Tutto è stato anche suffragato dalla conferma della locazione fatta da parte ecclesiatica, in quanto il vicario del vescovo, revocando la concessione fatta al contadino, ha reinvestito Antonio della possessione contesa, atto, questo, che ha indotto il villano a rivolgersi a Luchina.

Magnifice domine Luchine.
Ali dì passati, essendo saltato uno contadino de Piasenza per volere turbare et inquietare Antonio, cancellero generale expenditore dela corte nostra, in una possessione, quale luy et li soi già infiniti anni tengono con iusto titolo del vescovato de Piasenza, et richiedendone dicto Antonio non gli volessimo lassare far torto né vergogna, se volessemo informare et finalmente trovassemo che dicto contadino haveva torto, secundo la informatione hauta, et non contenti de dicta informatione, volessemo ultra ciò havere dicto contadino; et inteso anchora luy, finalmente, parendo a nuy ch'el non se movesse bene, el confortassemo et admonessemo che volesse attendere ad altro, e non turbare dicto Antonio né li suoi. Et finalmente el vicario del vescovo de Piasenza reinvestiti dicto Antonio, revocando quanto haveva concesso a dicto contadino, il quale, conoscendo non haverli più audientia, se è recorso, como sentemo, ala vostra magnificencia la quale, non havendone altra informatione, gli ha concesse alcune littere quale seriano [ 423v] generative de nova lite e piado e contra el se(n)timento de tucti quelli intendeno questa causa. Et perché siamo certissimi ve siate mosta a bona intentione, non havendo altra informatione dela facenda, como quella non vole negare audientia ad alcuno, ve habiamo voluto avisare del processo dela cosa, pregandove e confortandove a mettere silentio a dicto contadino, cossì per debito dela ragione como eciamdio per non far (a) dire ad altri che vogliati guastare quanto è ordinato per noy, che se siamo mosti iustificatissimamente. Ve confortamo denum che gli voliate ponere tal ordine che dicto Antonio non habia più cagione lamentarse. Et ben ve doveria parire ragionevele che uno che havesse golduto una posessione otanta anni vel circha, non dovesse esserne privato cossì facilmente. Data Mediolani, xxiii maii 1453.
Zanectus.
Cichus.

(a) Segue dar depennato.