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2150. Francesco Sforza a Ottone da Mandello (1453 giugno 23 "apud Senigham").

Francesco Sforza scrive a Ottone da Mandello circa la richiesta, senza sua licenza, fatta a Guglielmo di Monferrato di un savacondotto che reputa dannosa agli uomini di Salle e ad altri. Lo sollecita a rinunciare dal servirsene e a pensare, invece, a scorte e vedette con i vicini.

[ 456r] Domino Ottoni de Mandello.
Havemo inteso, non senza admiratione, che vuy haveti impetrato dal signore Guiglelmo salvoconducto per le vostre terre et luochi de là senza nostra licentia, che più seria honesto haverni (a) avisati noi che ve haveressemo saputo dire che tale impetratione seria pocho honore a noi e molto dannosa ali nostri subditi da Salle e dellà ultra. Pertanto ve confortiamo, caricamo et volimo che debiati renu(n)tiare al dicto salvoconducto e non usare più d'esso, ance attendere a far fare le scolte, vedete e scoperte con li vicini, e non ve date altro affanno, che, con bone guardie e vigilantie e con quella provisione farimo far noi, ricoleriti li vostri messi. E siati certissimo che nuy intendemo meglio che vuy quanto preiuditio adduceria tale salvoconducto, così a nuy como ali nostri, siché guardati ad non usarne et renuntiatelo per ogni modo, perché altramente faressemo cosa qual molto te despiaceria. Et vogliati providere ale guardie et ale altre cose che bisogna per guardia et segureza del paese, como facevati prima che havessevo dicto salvoconducto. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.

(a) Segue facto depennato.