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2232. Francesco Sforza a Luchina dal Verme (1453 luglio 12 "apud Gaydum").

Francesco Sforza scrive a Luchina dal Verme che non vorrebbe ulteriormente tediarla, anche perché ha la mano intorpidita per il troppo scriverle, invano, in faccende di tasse dovute dai suoi uomini. Le chiede di mandare un suo uomo, ma ben si guardi che non sia Filippo, per porre fine a tale annoso affare. Faccia restituire certi pegni quel messo della squadra di Puppo e Alberto Visconti, che s'impegnò per spese d'osteria dei suoi uomini che dovevano pagare, e non pagarono.

[ 476v] Magnifice affini nostre carissime domine Luchine de Verme, comitisse, et cetera.
Ne pare hozi mai haverne scrito tante littere circha li denari dele tasse debeno pagare li vostri homini che veramente doveriano a vuy generare grande tedio, et anche nuy ne sentemo strachi de tanto scrivere e senza alcuno effecto. Pertanto, acioché ad una fiata se ne venga ad uno fine, ve confortiamo et carichamo che subito ce mandate qua uno deli vostri, qual ve piace, che sia bene informato dela materia de dicte tasse, purché non sia messer Filippo. Ceterum piacevi, così per lo debito, come etiamdio per honore vostro, far restituire certi (a) pigni quali (b) impignò in su l'hostaria per suo vivere quello messo dela squadra de Puppo et Alberto Vesconte, perché pur l'impignò, per defecto et mancamento deli vostri che deveriano pagare, e non paghino. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.

(a) restituire certi su rasura.
(b) Segue sonno depennato.