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872. Francesco Sforza ad Alessandro Sforza 1452 settembre 8 "apud Quinzanum".

Francesco Sforza scrive al fratello Alessandro circa la detenzione, dovuta a rapporti col nemico, dei figli del defunto Maffeo da Muzzano, per i quali la consorte Bianca Maria e altri hanno chiesto la liberazione; ribadisce che la condanna non è avvenuta per odio o malvagità, o quale pretesto per impossessarsi delle loro cose, ma è suffragata da prove, testimonianze. Perciò comanda ad Alessandro che accusati e accusatori siano mandati a Milano dal capitano di giustizia e ascoltati per istruire il processo. Disporrà poi che nessuno tocchi le loro cose.

[ 211v] Domino Alexandro Sfortie.
Nuy siamo rechiesti et pregati dala illustre nostra consorte madonna Biancha et da molti altri che vogliamo liberare li figlioli quondam de messer Maffeo da Muzano, quali sonno stati destenuti per lo tractato praticavano et menavano contra el stato nostro. Et perché nuy non voressemo che ad altri se desseno ad intendere che li havessemo atrovata questa casone adosso et factoli destenere per odio o per malivolentia che li portassemo o per partialità, o perché habiamo animo de tourli la robba soa, como siamo certi serà dicto da molti, considerando che loro sonno molto richi et hano una grande et bella robba, perché se cognosca chiaramente da ciaschaduno non l'havemo facto ad questo fine, ma che se siamo mossi cum digna et iusta casone a farli destenere per le chiare et vere informatione havute per prove, per testimoni et per molti altri, et varii indicii del tractato che menavano contra el stato nostro, volemo debbi, recevuta questa, mandare a Milano per uno di toy quello tale chi ha scoperto questo tractato et li villani soy che insieme con loro tractavano questa cosa et mandarli a presentare al capitano nostro de iusticia che li debia examinare maturamente et con ogni diligentia, al quale havemo scripto debia procedere circa questa examinatione cum ogni maturità et formare el processo et poy mandarcelo in scripto, ad ciò possamo dimonstrare a chi vorrà dire el contrario che niuna passione ne ha mosso a farli questo acto, ma che l'havemo facto con viva et chiara raxone. Et volemo anchora che dela robba sua non ne debbi lassare tochare né movere da persona niuna, tanto che vaglia uno minimo pontale de stringa perché, non facendo novitate alcuna in la roba sua, né loro né niuno altro non poterà iustamente dire che li faciamo questo, per tuorli la robba soa. Data in castris apud Quinzanum, die viii septembris 1452.
Iacobus.
Cichus.