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1002. Francesco Sforza a Sceva de Curte 1452 dicembre 29 Lodi

Francesco Sforza assicura Sceva de Curte, consigliere e oratore ducale presso il doge di Genova, di aver ricevuto le sue lettere e siccome lo vedrà con gli ambasciatori fra poco, rimette al loro incontro di parlare su quanto accade. Gli interessa una sola puntualizzazione: contrastare gli spropositi di messere de Suacurt (non ha havuto commissione de fare simile parlare, né ambassata), per cui sprona Sceva a convincere il doge a non prestargli fede, perché il re di Francia nutre quei soli sentimenti dei quali gli ha parlato Angelo Acciaioli. Ha fatto bene Sceva a mandare con lui Sifrone. Lo informa di aver mandato contro Guglielmo di Monferrato il Colleoni con xv squadre e mille fanti, mentre lui (duca) il giorno dopo si metterà in viaggio per Milano.

Spectabili militi legum doctori dilecto nostro domino Sceve de Curte, consiliario et oratori nostro apud illustrem dominum ducem Ianuensem.
Havemo recevute vostre lettere de data xviiii, xx, xxi, xxiii et xxiiii del presente et, inteso quanto scrivete, restamo advisati. Non dicemo altro, perché credemo sareti in camino cum quelli ambassatori et, gionto sariti, conferiremo insieme de quanto accade. Ma respondemo solamente alla parte de quanto ha dicto monsignore de Suacurt allo illustre signore domino lo duxe, che dicto monsignore non ha havuto in commissione de fare simile parlare né imbassata, né è de volontà della mayestà del Re de Franza, ma semo certi ha mosso tale parlare per apizarse ad qualche pratica per potere guadagnare qualche cosa, ma non siando più savio che luy ha monstrado in questo, luy non pò essere altro che una bestia, siché vogliati recordare al prelibato domino lo duxe che non voglia fare caso de simile parlare, perché la mayestà del Re è de quella bona dispositione inverso nuy che ve scripsemo, ne haveva scripto et anche referito domino Angelo Azayolo, et de questo se vederà li effecti, siché a questo non volemo dire altro.
De havere mandato cum luy misser Sifrone, dicemo che facesti bene et parne che sia stato molto bene inteso el facto del dicto monsignore.
Alla parte del signore Guilielmo, nuy gli havemo mandato Bartholomeo Colione cum circa squadre xv et fanti mille, et semo certi che mutarà proposito et haverà altro parlare che non ha 367v facto fine a mò. Altro de novo non è al presente. Alle altre parte non respondemo. Aspectarimo essere cum vuy et responderimo a bocha a tucto. Damatina ne partimo et andarimo a Mediolano, et de quanto accaderà, gionti sariti lì, conferiremo insieme. Ex Laude, xxviiii decembris 1453 (a), hora 7 noctis.
Cichus.


(a) Così in A.