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292. Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria e ad Antonio Guidobono 1452 marzo 18 Milano

Francesco Sforza risponde alle lettere di Giovanni da Alessandria e di Antonio Guidobono e subito precisa di aver concordato con Francesco Capra il caso dei paviglioni. Per quanto riguarda Petra, dichiara che non ha fanti da mandare. Per i denari, dice loro di non comprendere il motivo di tante difficoltà. Si dice preoccupato della permanenza degli ambasciatori del Re d'Aragona e di Venezia; aspetta l'ambasciatore del re di Tunisi desideroso da parte sua di vedere i barbareschi. Confessa che avrebbe preferito non aver avuto l'incarico del compromesso fra il doge e Giovanni Filippo, perché egli vorrebbe che fra i due fosse buona intesa. Quanto alle cose di Cipriano si atterrà ai suggerimenti di Giovanni di Alessandria. Circa le cose di Ottaviano de Vivaldi, di Raffaello Salvatico e di Benedetto de Negro dice di aver riferito a Leonardo da Pietrasanta quel che accade.

Domino Iohanni de Alexandria et Antonio Guidobono.
Havimo recevuto una vostralettera de data xii et xiii del presente, et inteso quanto per quelle scriveti. Respondendo alle parte, et primo, alla parte deli paveglioni, dicemo che da Francisco Capra restiamo advisati de tucto circha ciò, et cossì aluy havemo resposto de quanto accade circha l'intentione nostra.
[ 89r] Alla parte della Petra, dicemo che non habiamo fanti de verso là de poterli mandare. Et maravegliamone de vuy, perché ne metteti tanti trespedi et obiecti ad havere quelli dinari che non sapemo intendere el scrivere vostro, et tanti sonno li dubii ne fati che non sapemo quale fondamento possiamo fare per havere dicti denari. Pur vi havimo risposto per misser Leonardo essere ad ciò tanto in compimento, che non saperessimo che dire più. Et per benché sapiamo essere assay cose varie nelle cose de Zenova, pur tamen voressimo che nel scrivere vostro potessimo pigliare qualche fundamento prima che scrivere tante cose varie et farli tanti dubii quanti faceti, et confonderne la mente, che non sapiamo con que governarne.
Alla parte che li ambaxatori del Re et Venetiani non siano anchora partiti, dicemo che ne maravigliamo grandemente. Vogliati advisare della casone del suo restare et non volerse partire, perché il suo stare lì non dà puncto favore alle cose nostre, anzi sonno apti ad parturire inconvenienti assay.
Alla parte del'ambaxatore del Re di Tunesi, et cetera, non ne accade dire altro, perché per altre havemo scripto delli barbareschi che ha el dicto ambaxatore, quali menarà qua con seco, ne piace et vederimoli volontiera.
Alla parte che ti, Antonio, non andaray da domino Thoma da Campofregosio se dal'illustre duce non procederà, restamo advisati.
[ 89v] Alla parte del compromesso del'illustre signore duxe et de domino Iohanne Filippo facto in noy et cetera, dicemo che haverissimo havuto molto caro de non havere havuto questo incarrico perché noy voressimo fosse bona intelligentia fra loro, et questa cosa non pò essere ad noy se non graveza.
Al facto del commandatore, gli farimo dare tucto quello favore che possiamo fare con honestade et honore nostro, perché cossì è nostra intentione perché per ogni respecto havimo caro fare cosa gli piacia.
Circhale cose de Cipriano de Ama, et cetera, havemo inteso quanto voy, misser Zohanne, respondeti, restamo advisati.
Circha il facto delle cose de Octaviano de Vivaldi, Rafaello Salvatico et Benedicto de Negro dicemo che nuy havemo dicto ad misser Leonardo quanto accade; et cossì dicemo a vuy che intendemo che, nelle cose soe, siano favoriti et auctorizati in tucte le cose che possiamo con honestà et honore nostro fare, non tanto in queste loro cose, ma in ogni altraloro facenda, non altramente che facessimo per qualunque di nostri fratelli.
Alla parte del illustre signore duxe quale vole essere cauto del soldo di fanti, et cetera, dicemo che per misser Leonardo havemo scripto et mandato a dire quanto accade, como havereti potuto intendere, siché circa ciò non scrivemo altro. Ex Mediolano, xviii marcii 1452.
Iohannes de Ulexis.
Cichus.