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350. Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 aprile 6 Milano

Francesco Sforza dice a Giovanni da Alessandria di aver provato in tutte le maniere di liberare Gregorio Doria da Filippo Spinula, ma senza risultato. Proprio otto giorni prima ha mandato da Filippo il suo cancelliere Francesco Lampugnani per perorare la causa di Gregorio. Filippo ha rivelato d'essere già in trattative per il suo rilascio con Pietro Spinola per seicento ducati, abbassati poi a cinquecento ducati. Tutto questo è il motivo per cui Pietro Spinola ha scritto a Genova che Filippo non avrebbe liberato Gregorio senza licenza del duca. Lo Sforza ordina a Giovanni di trovarsi con il doge e con i gentiluomini Doria per consiglio sul da farsi e, da parte sua, egli cercherà di far ridurre la somma richiesta per il riscatto. Quanto a lasciare la Pietra, Filippo non intende farlo ma garantisca di non offendere nessuno. Il duca aspetta il ritorno di Antonio Guidobono e di Andrea per avere ragguagli sulle postazioni dei banditi che minacciano le strade.

Domini Iohanni de Alexandria, consiliaro, et cetera.
Perché havimo continuamente studiato et procurato de cavare fora Gregorio de Auria delle mano de Filippo Spinula, el che non habiamo possuto, non è mancato né per bona voluntà, né per sollicitudine. Hogi sono octo zorni che mandassemo dal dicto Filippo Francisco dalampugnano, nostro cancellero, per dicta casone et facto dire al dicto Filippo quanto n'è parso bisognare et del bruscho e del dolze per laliberacione del dicto Gregorio, el quale ha resposto che l'era in praticha per mano de Petro Spinula de relaxare dicto Gregorio, quale dice essere de accordio de dargli seycento ducati per la dictaliberacione, ma che l'ha da poy dicto ad Pedro Spinula ch'el delibera conpiacere a nuy et darnelo per 500 ducati: et questa è la raxone che Petro Spinula scrisse lì ad Zenoa che Filippo non lo voleva relaxare senza nostralicentia. Siché [ 112r] vogliati essere cum lo illustre signore duxe et cum quelli zentilhomini de Auria et advisarli de questo, et se in ciò havimo a fare più una cosa che un'altra, vederimo de operarne cum lo dicto Filippo de detrahere della dicta summa di 500 ducati quello ne sia possibile. Perché questo zentilhomo sialiberato, ne habiamo maiore voglia che non halui stesso che sta in presone, ch'el sialibero. Circha el facto della Preda, dicto Filippo ha resposto che delì non vole ucire, ma che vole dare ogni segurtà et cautione de non offendere ad veruno. Circhala parte di bandezati, quali offendeno le st(r)ade, segondo che per questa ultima de dì quatro del presente ne scriveti, dicimo che aspectiamo Antonio Guidobono et ser Andrea per havere informacione delle terre dove questi tali se reducono et per intendere quelle provixione et remedio sia qui opportuno de fare, et faremolo. Et perché che per molti che vengono delà ad noy è referito che, e per quelli de Auria, e per molti altri citadini continue s'è parlato et parla in carico nostro circha el facto de questa Preda, dicimo che ne pare che se sia parlato et se parla sempre del'impossibile circha questa cosa, perché la Preda non è loco da pigliare cum le parole, et a noy ne pare de havere facto, et in demostracione et in parole et in effecti, quanto ad noy è stato possibile, et ad impossibile nemo tenetur. Siché vogliati essere cum tutti quelli che hanno parlato de questa facenda, et se gli havimo a fare più una cosa che un'altra, che se mettino in loco nostro et ne avisano quello che li pare che noy habiamo a fare in questa materia, perché, purch'el sia factibile, noy siamo apparecchiati et promptissimi ad farlo, como havimo dicto sempre. Mediolani, vi aprilis 1452.
Marchus.
Cichus.