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497. Francesco Sforza ad Antonio Guidobono 1452 maggio 26 Lodi

Francesco Sforza scrive ad Antonio Guidobono, segretario ducale a Genova, di non volersi soffermare sulle ducali lettere che non sono state divulgate, pur se spera che il doge e il capitano abbiano provveduto al bisogno espresso. Di bisogno si tratta, e quindi, il doge e i cittadini che si sono detti pronti a non far mancare l'aiuto, devono intervenire; per questo manda lì Giovanni di Alessandria. Farà tutto il possibile per liberare Gregorio Doria e per accordarsi con Filippo Spinola alla Pietra. Chiede di essere messo al corrente delle cose che seguiranno a proposito di Giovanni Filippo. Non occorre inviare ambasciatori a Ferrara, perché quelli che c'erano sono stati mandati a casa dall'imperatore. I nemici hanno preso Covo e Antegnate e una bastita in cui c'erano trenta fanti. Egli spera di avere domenica o lunedì tutte insieme le sue genti e di far sentire gradite notizie.

Antonio Guidobono, ducali secretario Ianue.
Respondendo alla toa littera de dì xxii del presente, delle littere nostre, quale non sonno state publicate non dicimo altro, perché le cose sonno in modo publice che non se possono celerare. Pur, alla ricevuta de questa, siamo certi el signore duxe haverà satisfacto al bisogno, et cossì el magnifico capitaneo.
Perché horamay n'è bisogno, adiuto et subsidio de facti et non de parole, et lo signore duxe et quelli citadini sempre hanno dicto che al bixogno non ne lassarano mancare, et questo è quello bixogno, perché havimo impignato intrate, [ 162v] amici, parenti et ogniuno per condure le gente in campo, et cossì l'havimo conducte, resta mò le possiamo in campo mantenere, unde remandiamo là misser Zohanne de Alexandria cum la instructione, della quale te mandiamo la copia. Non ne fare mentione finché luy sarà là, salvo sel te paresse utile al bixogno per lo quale vene, aliter non.
Al facto della Preda et de Filippo Spinula attenderemo a fare tucto quello sarà possibile per havere Gregoro Doria et accordare Filippo.
Di paviglioni responderimo per un'altra.
Della nave presa restiamo advisati.
De Zohanne Filippo ancora havimo inteso: advisano como le cose sarano seguite.
Li ambassatori da mandare a Ferrara per la pace non bisognano, perché lo imperatore se n'è andato via et halicentiati li ambassatori tucti quali gli erano, che se ne ritornano ad casa. Delle cose de qua: li inimici sonno in Geradada hanno facto demonstratione assay per fare (a) fare qualche cosa in questo tempo che redunamo le nostre gente insieme, et in effecto hanno in tucto pigliato Covo et Antignago et una bastita rocta nella quale erano trenta fanti delli nostri. Nuy domenica, o al più tardo lunedì, haveremo le nostre gente tucte insieme et procederimo contraloro, et speremo, mediante la gratia de Dio, fare sentire delle cose serano grate alli amici nostri. Ex Laude, xxvi maii 1452.
Cichus.


(a) In A pare.