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500. Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 maggio 25 Lodi Vecchio

Francesco Sforza scrive a Giovanni da Alessandria di averlo appositamente trattenuto perché vedesse l'esercito sforzesco avviato contro il nemico e potesse informare il doge e la comunità genovese delle insolenze e atti disonesti usati dai Veneziani. Benché abbiano anticipato i tempi, i nemici hanno potuto avvantaggiarsene ben poco. Fidando sulle promesse dogali e della comunità genovese di dare un aiuto nel bisogno, il duca ribadisce che il momento per accorrere in soccorso è proprio questo. Vuole che Giovanni vada a Genova e persuada il doge a intervenire. Rinviare il soccorso in caso di vittoria o di sconfitta non avrebbe senso. Risulta ora chiaramente l'insisistenza e la falsità di tutte le imputazioni addotte contro lo Sforza, che ha sempre agito per la tranquillità e il mantenimento dello stato esistente. Consente a Giovanni sia di mostrare lo scritto ducale al doge, al capitano di Genova o a chi altro crederà, come di esprime le necessità del momento con sue parole, mirando che queste non siano ripagate con sole altre parole.

Domino Iohanni de Alexandria.
Siamo sopraseduti remandarvi a Zenova, perché habiati veduto el nostro exercito et adviato contrali inimici, et che sapiate informare lo illustre signore misser lo duxe et quella magnifica comunità delle insolentie et deshonestà usata per Venetiani in havere roctala guerra cossì notoriamente, como hanno facto et de presenti procedono alla guerra che hanno demonstrato lo effecto del'animo et volontà loro, quale sempre havimo facto dire ad quelli signori. Il perché deliberamo procedere contra di loro realmente, et benché se siano sforzati antecipare tempo per monstrare de fare qualche cosa et (a) hanno facto pocho. Nuy tamen speramo presto fare in modo, primo per la iustitia, quale havimo dal canto nostro, poy per li provedimenti et apparati della guerra che habiamo meglio d'essi, che Dio ne concederà victoria contra loro. Et perché el prefato signore misser lo duxe, et cossì quella magnifica communità, hanno dicto sempre de voler (b) adiutare quando ne accadesse bixogno, adciochè possiamo moderare et abassare la superbia et insolentia de Venetiani, quali vorriano summittere ogniuno, et consyderato che questo è cossì interesse dell'illustre signor duxe et de quella magnifica communità como nostro, volemo che, ricevuta questa, debiate transferrirve a Zenova dal prefato signore duxe et communità et pregarli, confortarli et persuaderli che gli piacia volerci adiutare et subvenire de presenti delli denari raxonati, perché noy havimo ogni altro apparato et ogni altra cosa necessaria, 164v et non ne mancha se non qualche denaro da potere mantinere la gente in campo. Et dovendo may per alcuno tempo dal prefato signore duxe et communità havere adiuto né subsidio alcuno, bisogneria ch'el fosse de presenti, perché s'el se volesse aspectare lo adiuto ne volessino fare de farlo quando fosse una grande victoria o una grande perdita (c), questo non saria il bisogno nostro, perché, havendo ad havere victoria, como speramo de havere per le resone predicte, alhora se inzegnaremo dellà et de qua con li aquisti se farano providere al facto nostro, senza dare affano et graveza aloro. Et s'el fosse perdita (quod Deus avertat), questo non saria bene per le varietate della fortuna, il perché, concludemo che, dovendoce servire de bono cuore, como fanno li boni amici et fratelli, ne pare che se vogliano sforzare servire liberamente al presente, perché mediante questo adiuto con li altri possiamo sostenire il facto nostro in modo che habiamo la victoria certa, como speramo in Dio de havere. Et pur non vedimo obstaculo nissuno né possiamo credere che quello illustre signore duxe et magnifica communità non debiano subvenire ad questo nostro bisogno, maxime con costo nostro. Et crediamo che quello signore duxe et comunità debiano mò essere chiari et certi de tucte quelle cose delle quale noy siamo stati imputati là, et iniuste quidem, et debeno havere trovato che noy non havimo may tractato, (d) operato né atteso ad altro palam nec occulte, se non ad quelle cose che habiamo cognosciuto et creduto che siano state pace, tranquilità et mantenimento de quello stato presente. Siché per certo non se possiamo persuadere che daloro in questo caso, dove, como havimo dicto, pende cossì el bene et la salute loro como la nostra, non habiamo subsidio et favore daloro, et che tanta cordiale affectione, quale gli portiamo sia vanna et innane. Siché vogliate instare, pregare et carricare el prefato signore duxe et quella comunità [ 165r] che gli piacia de adiutarci ad questo nostro bisogno, como è la nostra ferma speranza che farà, et advisarne presto della conclusione havereti facta. Data in campo in Laude Veteri, xxv maii 1452.
Zanettus.
Cichus.
Polliza
Domine Iohannes, nuy ve scrivamo questa instructione perché dicati circa questa substantia et quello più ve parerà bisognare, siché la poreti monstrare al duxe, al capitaneo et a chi ve parerà. Et quello che ve dicemo in quella instructione ve advisamo ch'el dicemo perhò, per dire el proprio vero et l'animo et bisogno nostro et che non ve lassati dire parole, ma che ve sforzate de trarne qualche effecto et retornati presto. Data ut supra in litteris.


(a) Segue tamen depennato.
(b) volerer in A.
(c) perdedita in A.
(d) Segue depennato.