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546. Francesco Sforza a Corrado Sforza Fogliani 1452 luglio sine loco

Francesco Sforza dice a Corrado Sforza Fogliani di aver inteso dalla sua lettera dell'attacco di Alessandria fatto dal nemico e dell'inseguimento da lui effettuato fino a Bormia. Avrebbe gradito sapere il numero dei cavalli presi, mentre del tutto si compiace con lui per la cattura di Bernardo Macco; per la migliore e più sicura custodia, vuole che egli sia tradotto a Pavia e consegnato al Bolognino. Per la sua detenzione inventi la scusa che la maggior parte del bestiame portato via haveva salvacondotto e che non rilascia Matio fino a che non siano restituite tutte le bestie. Ha appreso con piacere che Giovanni dalla Noce ha cavato gli ostaggi fuori dal Castellazzo: li vuole, però,trasferiti con buona scorta a Pavia o a Milano, ove, agli ufficiali delle due città raccomanderà che prendano tali precauzioni da non potere affatto fuggire. Esige d'essere informato di tutto. Richiama l'importanza del Castellazzo e insiste perché Corrado provveda in ogni modo alla sua sicurezza e, a questo scopo, si intenda con Giovanni dalla Noce, con Moretto e con Sagramoro. Deve spronare tutti i condottieri che ha con lui e, soprattutto, Giovanni dalla Noce, dal momento che sono più forniti di cavalli e di valenti uomini che non i nemici e hanno un terreno che consente loro di essere più operativi.

[ 184r] Magnifico Conrado de Foliano.
Havemo recevutala toalittera de dì xi del presente per la quale ne advisi della correria facta per li inimici lì ad Alexandria et delli modi tenuti per ti in andargli dreto fin a Bormia, et de quanto è seguito, il che assay ne è piaciuto et te ne commendiamo. Seressimo perciò stati contenti ne havesse avisato chiaramente il numero delli cavalli forono presi. De Bernardo Macco siamo contenti, et molto ne è piaciuto l'habii retenuto, né volemo per modo alcuno lo relassi, perché nuy intendemo è il da più homo et lo principale habia il signore Guilielmo anci, perché ne pare non stia bene lì, parendote poterlo mandare sicuro cum qualche scorta a Pavia, seressimo contenti et che se consignasse al Bolognino. Et per più honestà, poresti trovare (a) scusa che lo reteni, non per fare mala compagnia, ma perché la magiore parte del bestiamo fo tolto, havea salvoconducto, et che non delibri di lassare luy finché non sia integramente restituito, et in questo mezo che lo mandaray, fa che non parla cum nessuno della terra, né cum soldati. Habiamo poy inteso per littera de domino Giovane dala Nuce, como ha cavati li hostagii fora del Castellazo, del che siamo rimasti molto contenti, perché ne pare sarà la salutatione de quella terra. Ma perché essendo della importantia che l'è, non pare a nuy li dicti hostagii stiano bene li, voressimo che vedessi modo, più secretamente che se pò et cum megliore modo, cum bona scorta dirizarli verso Pavia o verso Milano, et farli consignare alli officiali de quelle citade, delle dicte doe, dove li mandaray et ti, per toe littere recommandarlili che ne (b) tolesero tale cautione che non potessero fare fuga, mettendo in questo ogni toa industria et vigilantia perché al più presto se pò, siano conducti via et che siano talmente acompagnati che non possano fare fuga, perché ad uno tracto non perdessimo loro et la terra. Et de quanto seguirà fa che ne tenghi continuamente avisati. Et perché dici che ne hay scripto ogni di, te avisamo che da octo del presente (c) in qua nissuna toa littera habiamo recevuto, che credimo ne sia forsi malcapitata alcuna, siché habbi bona advertentia a mandarle. Ceterum tu [ 184v] say de quanta importantia è al facto nostro il Castellacio dellà et che, tenendose quella terra per nuy, è sufficiente ad adiutare acquistare il resto, resto che è perduto dove, perdendose, faria stare del'altre cose in dubio: perché te caricamo et volemo che in salvare quello loco metti ogni pensiero che se gli faciano tute le previsione siano necessarie perché non si perda perché, perdendose se dogliriamo molto delli facti tuoy, et de questo intendate et participane cum domino Giovane dalla Nuce, cum domino Moretto et cum Sagramoro, li quali sonno homini dabene, pratichi et hanno visto delle cose assay, et maxime cum domino Zovane et che fra tucti, ordinati fargli tale provisione che ne possiamo riposare de quello loco, perché de cosa sia perduta dellà non facimo caso, salvando quella et Cassina. Et perché ne pare ancora per le nostre gente che sonno di là farsi molto fredamente contra inimici et che inimici vadano campagnegiando como li piace, como se nissuno fosse lì, che non è senza grande infamia de quanti setti de là, et tucto il paese ne parla, et non solo il paese, ma tucto questo campo. Vogli strengerte cum li predicti circale cose occorrente et proponere de batere et consigliare le cose in forma che per vuy se faciano delle cose relevate contra essi inimici; siché se ne senta qualche novella et che para siati vivi et non morti perché, como le cose fanno più maturamente et cum megliore conseglio, tanto più sortiscano effecto. Et vede de carezare li predicti et li altri conducteri sonno lì, et maxime domino Zohanne dala Noce il quale de tale cose è più vago che l'altri, et dirgli tucte le bone parole te siano possibile perché il tempo il rechiede; et vedi che anche nuy lo facemo. Et se volesse dire che lì non è fanti né tanta gente se possano batere li inimici, dicemo che de cavalli et de valenthomini siamo certi siati più che essi; de fanti non pur gli ne è qualche uno de chi ve posseti valere, et fare delle cose gli sariano damnose che gli vole mettere cura, perché lì non gli sonno li paduli como de qua che gli bisogna tanta (d).
[ 187r] Lista inclusa in antescripta littera.
Sorliono Pellato,
Clemente Pellato,
Damiano Sardo,
Andrea Pellato de Symone,
Berardo Mucagatta,
Christophoro Trappono,
Filippo Trotto,
Marco Trotto Picho,
David Trotto Boydo,
Iacomo Boydo,
Guilielmo Lamboricho,
Augustino Trotto.


(a) Segue qualche depennato.
(b) ne su non depennato.
(c) presente in interlinea.
(d) Mancando le carte successive, così la missiva si interrompe.