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566. Francesco Sforza al doge di Genova 1452 agosto 1 apud Quinzanum

Francesco Sforza spera che il doge di Genova abbia inteso, anche da quello che gli ha fatto sapere dal cancelliere ducale Giacomo da Camerino, quanto grande e urgente sia il bisogno che egli ha dei venticinquemila ducati, con cui lo sovvenzionerà e dei quali intende darne uno per cavallo alle sue genti. Si duole che i Maestri delle entrate non gli abbiano dato tempestivamente informazione delle spese dei fanti. Lo assicura, comunque, che osserverà tutto quanto gli ha promesso. Accerta il doge della sua condivisione degli amici e dei nemici per cui ad ogni suo bisogno sarà pronto a prestargli aiuto. Circa le vicende del fronte ove il duca si trova, gli dice che aveva ordinato al fratello Alessandro di portarsi a distruggere il ponte costruito dai nemici a Cerreto sopra l'Adda, ma a Cavenago, essendosi i nemici rinforzati a insaputa del fratello, fu sconfitto seppur con poco danno. Il duca si è spostato nei pressi di Quinzano per maggior comodità di foraggio per i cavalli e per molestare di più i nemici. Vuole che il doge non si sfiduci, perché in ogni modo lui sarà vincitore.

Illustri domino duci Ianuensi.
Havemo veduto quanto la signoria vostra ne ha scripto per una soa sottoscripta de soa mane propria. Dicimo che nuy siamo certi che la signoria vostra, alla ricevuta de questa, haverà inteso quanto gli havimo mandato a dire per misser Iacomo da Camerino, nostro cancillero, et maxime del facto delli xxv mila ducati che la signoria vostra ne fa subvenire in questo nostro bisogno et necessità, et non dubitiamo che essa vostra signoria haverà inteso in che termine se ritrovano le cose de qua. Siché non sapimo che altro dire più, se non che pregamo et confortiamo la signoria vostra quanto sapimo et possimo, gli piacia servare tucti quelli modi gli parerano, che habiamo cum ogni presteza et celerità li dicti xxv mila ducati, senza che ne sia facta altra retentione, [ 195r] certificando quella che nuy teneremo che nelli impresti de soa propria borsa, perché, como per altre havimo scripto alla prefata signoria vostra, de questi denari havimo facto pensiero darne uno ducato per cavallo ad queste nostre gente per posserle mantenire in campo, consyderato che havimo la victoria apparechiata, purché possamo cum le gente mantenirse in campo, como per altre havimo dato avisamento alla signoria vostra.
Nuy havimo havuto despiacere che li nostri Magistri del'intrate non habiano resposto alla prefata signoria vostra ad tempi congrui della spesa de fanti, et è stato contra ogni nostra volontà et ordine, pur nondimeno confortiamo la signoria vostra remanerà bene contenta et satisfacta, perché la intentione nostra è de observargli tucto quello che gli havimo promesso et molto più.
Alla parte de havere amici per amici et inimici per inimici, dicemo che questa è la intentione nostra, e quando niuno vorrà ponerse ad turbare lo stato alla signoria vostra, intendemo ponerli ogni nostra facultà et forze perché la signoria vostra se mantenga in pacificho stato, perché non porria havere molestia né turbatione alcunala signoria vostra che la non fosse nostra, perché per torre via ogni affanno et molestia havesse, como havimo dicto, intendemo ponerli tucte le forze nostre et lo stato, et etiam la persona, bisognando: et questo trovarà la signoria vostra per effecto.
Delle cose di qua nuy havimo dato continuo notitia alla signoria vostra, como siamo certi che quella debbia havere veduta. Mò, perché intenda quello è succeduto puoy, advisamo quella che, havendo li inimici facto uno certo ponte per mezo de Cerreto sopra Adda, quale intendevano fortificare per potere passare in Lodesana et Milanese per damnificare lo paese, et perché non gli reusisse el pensiero, gli mandassemo lì misser Alexandro, nostro fratello, cum alcune squadre lo quale, siando gionto a Cavenago in lo allogiare che fece, siando li inimici ingrossati molto più che non erano inanze la partita soa da nuy et non havendolo luy saputo, lo asaltarono et receveti sinistro. El damno è stato pocho perché in tucto, tra cavalli et carriagii, non foro perduti cento cinquanta cavalli, ma, sia como se voglia, nuy intendemo fare che a niuno modo reuscha il pensiero alli nostri inimici, et volemo fare quello havevamo deliberato et di novo gli mandamo tale provisione che se restaurarà lo mancamento recevuto et alli inimici non reusirà el pensiero. Nuy siamo venuti ad allogiare presso Quinzano per più commoditate del'herbe (a) per li nostri cavalli et per fare stentare più li inimici [ 195v] che, como per altre havimo scripto, non se possendo fare contraloro la forza per essere stati loro caciati in questi paduli, ne è bisognato fare con lo ingegno et gli havimo reducti a tale et sì facta extremità che grande parte delli suoy cavalli sonno manchati et ogni dì manchano et inrozisseno più per lo mancamento dello strame et herba che gli è quasi una meza ropta. Et quantunque la cosa sia alquanto induciata, nondimeno la signoria vostra se dia bona volia, che speramo fare in modo che saremo vincetori et farimo quello è lo desyderio vostro et nostro; et de quanto seguirà, alla giornata advisaremo la signoria vostra. Ex castris nostris felicibus apud Quinzamum, die primo augusti 1452.
Persanctes.
Duplicata die suprascripto.
Cichus.


(a) In A hebre.