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652. Francesco Sforza a Moretto da Sannazzaroa, a Sagramoro di Parma, a Giovanni Anguissola, a Giovanni de Scipione e ad Antonello de Burgo 1452 settembre 9 apud Quinzanum

Francesco Sforza dice a Moretto da Sannazzaro, a Sagramoro di Parma, a Giovanni Anguissola, a Giovanni de Scipione e ad Antonello de Burgo, in Alessandria, di essere informato del tradimento di Antonio Zoppi da Cassine e di ciò che intendeva fare Giovanni dalla Noce. Ritiene che siano a conoscenza della decisione del Re di Francia di mandare lì in aiuto il Bayli di Sans, governatore di Asti, con tutte le genti che ha nell'Astigiano, oltre all'inviare tremila cavalli al di qua di Lione. Raccomanda sollecita obbedienza a detto Balivo.

[ 233r] Domino Moretto de Sancto Nazario, Sacramoro de Parma, comiti Iohanni de Angussolis, Iohanni de Sipiono, Antonello de Burgo, Alexandrie.
Restiamo advisati fine a questo dì como le cose sonno dellà et del tradimento ha facto Antonio Zoppo da Cassine, et quello voleva fare domino Zohanne dalla Noxe. Se sforzaremo fare in modo che chi haverà facto male, sarà punito secondo la iustitia vorrà, e questa è la nostra intentione et deliberatione.
Preterea havereti inteso como la mayestà del re de Franza manda in nostro favore monsignore Bayli de Sans, governatore de Ast, cum tucte le soe gente sonno in Astesana, et cossi ne mandarà iii mila cavalli, quali sonno de qua delione, siché, medianti li favori della prefata mayestà del re de Franza non dubitamo che castigarimo li inimici nostri de quello ne hanno facto iniustamente. Et perché de presenti il prefato monsignore Bayli venerà là cum tucte le gente per essere insieme cum vuy, vogliamo che immediate senza dimora, como sarà venuto, andati da luy cum tucti li vostri et fare guanto per luy ve sarà commandato et obedire la magnificentia soa quanto la persona nostra propria. Et vogliativi in questo portare cum tale sollicitudine et prudentia, obedientia et reverentia che habiate caxone recuperare la infamia ve è data, che da poy, rocto el signore Guilielmo, non habiate facto cosa alcuna, de che haveti tanto in carico et infamia alle spale per tucta Italia che più non se porria dire, non vuy solo, ma tucti voy dellà, ma portandovi cum obedientia, sollicitudine et prudentia, como siamo certi fareti, le cose nostre se dirizarano et passarano, Deo dante, cum felicità et prosperità, et vuy recuperareti l'honore vostro et acquistareti fama et reputatione. Et non dicemo altro, si non che vogliati fare et portarve in modo che siati laudati da nuy et da ogne persona, et non biasemati. Ex castris apud Quinzanum, die viiii septembris 1452.
Zaninus.
Cichus.