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672. Francesco Sforza a Giorgio Del Maino 1452 settembre 13 apud Quinzanum

Francesco Sforza scrive a Giorgio Del Maino, commissario e podestà di Novara, che se quei tre malandrini, che sono in prigione, sono soldati di Guglielmo di Monferrato e come tali hanno guerreggiato, devono essere trattati da soldati. Devono, invece, essere processati se sono venuti come amici, ma poi hanno ammazzato e trattato gli sforzeschi da nemici. Quanto all'uomo d'arme, che vuole attendere alla guardia e difesa di Romagnano, è bene che lui rimanga in campo, anziché lasciargli fare quello che vuole.

[ 240v] Spectabili militi domino Georgio de Mayno, dilecto commissario et potestati nostro Novarie.
Per chiarirve di quanto haveti a fare de quelli tri malandrini quali haveti lì in prexone, vi dicimo che, se essi sonno soldati del signore Guilelmo et siano venuti como soldati a fare guerra, li debiati tractare da soldati, ma se bene fossero soldati o de qualunque altra conditione si voglia, et fossero venuti in quelle nostre parte como amici, et poy habiano assassinato et tractato et pigliato li nostri como inimici, volemo gli debiate fare et ministrare rasone, et cossì ve commettiamo debiati fare. Alla parte di quello homo d'arme, che, per un'altra ne haveti scripto, vole pigliare l'impresa de guardare et defendere luy Romagnano, vi dicimo che non bisogna, perché non dubitamo nuy dal canto del duca de Savoya, lassando guardato per alcuni perhò il dicto loco de Romagnano, ma ad nuy pare che dicto homo d'arme piutosto resti qua in campo con nuy, che a stare dove luy rechiede. Ex nostris castris apud Quinzanum, die xiii septembris 1452.
Bonifacius.
Cichus.