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691. Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria 1452 settembre 20 apud Quinzanum

Francesco Sforza a Giovanni da Alessandria, che gli contesta il trasferimento a Milano dei cittadini di Alessandria, fa rilevare che tra i suoi concittadini vi sono alcuni male tagliati, non del tutto affezionati a lui e allo stato, che ha creduto opportuno relegare a Milano. Lo assicura che, a cose alessandrine meglio aggiustate, essi faranno ritorno alle loro case. Gli osserva che non spettava a lui fare la richiesta inoltrata al doge di Genova, anche se non gli è dispiaciutala risposta avuta dal doge. Ha pur visto la risposta dell'ambasciatore fiorentino dalla quale ha appreso che la città di Genova è ben disposta verso lo Sforza. L'avverte di non fare parola dei trecento bislacchi, di cui gli scrisse di far dare a Corrado, essendo questi assente, ma di insistere per avere gli altri duecento.

[ 250r] Domino Iohanni de Alexandria.
Havemo recevuto la vostralittera de dì xiii et inteso quanto ne haveti circa quelli citadini de Alexandria, quali sonno andati a Mediolano, quali per lo parere vostro non gli sariano mandati, perechè tucti sonno ben dispositi et affectionati a nuy et al stato nostro; per el che recordati serebbe stato meglio non haverli mandati. Al che respondendo, ve dicemo che il vostro ricordo credimo sia bono et ch'el faciate a bon fine, como quello che sapiamo haveti bona volontà, dispositione verso nuy, né credimo che altra passione né affectione ve (a) facia dire questo, non ma perché haveti optima opinione verso nuy, ma ve advisamo che tucti non sonno de tale natura et dispositione como setti vuy. Immo ve certificamo che pur gli ne sonno alcuni male tagliati, benché nuy crediamo perhò che tucti generalmente de quella nostra città siano ben dispositi et affectionati verso nuy, per la qualcosa, parendo a nuy de assecurarse più de quella città, n'è parso mandare li predicti a Mediolano, delli quali perhò nuy havimo bona fede et credimo siano ben dispositi verso nuy. Ma, como dicimo, a nuy è parso assay più secura cosa. Pur nondimeno, se le cose nostre dellà pigliarano altra megliore forma como speramo, essi citadini tucti quanti serano licentiati et poderano ritornare a casaloro, benché nuy non dubitamo per modo alcuno d'essa città nostra, sì per rispecto che sapiamo la volontà soa essere bona verso nuy, sì etiam perché pocho apreciamo li inimici nostri. Ceterum, al'altra vostra respondendo circa il facto della rechiesta facta al'illustre signore domino lo duxe de Zenova, ve dicimo che ne maravegliamo, perché devevate sapere non haveria havuto effecto, se non era fatta per nuy. Pur nondimanco ne è piaciuto et a quello non dicimo altro al presente, se non che havimo (b) visto la resposta che sopra ciò ve ha facto el prefato duxe, del che restiamo avisati. Similmente habiamo visto lalittera che ve scrivemo quello ambassatore fiorentino, per la quale del tucto restamo advisati et maxime che tucta quella città de Zenoa sia ben disposta verso nuy: non ne accade dire altro se non che ne piace grandemente. Delli trecenti bislachi quali ve scrissemo de fare dare ad Conrado, dicimo che da poy esso Conrado è absentato, non debbiate fare altra instantia presso il prelibato signore duxe per quelli tanto, ma per l'altri ducento sì bene. Et quando poy Conrado ce sia ritornato, [ 250v] poderà luy da poy instare per haverli. Al facto de domino Zohannefilippo, che per le littere del prefato ambassatore fiorentino havemo inteso poco dubita ch'el accordio non abbialoco, dicimo che esso accordio molto ne sarà grato havendo loco. Et per questa casone havimo mandato là (c) domino Seva da Corte, per mettergli conclusione e fine. Delle cose de qua non accade a dire altro, se non che hogi se levamo de qui et andamo verso Bressa. Data in castris nostris apud Quinzanum, die xx septembris 1452.
Bonifacius.
Cichus.


(a) Segue lo depennato.
(b) Segue facto la depennato.
(c) in interlinea.