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75. Francesco Sforza a Lancillotto da Parma 1452 gennaio 17 Lodi

Francesco Sforza dice a Lancillotto da Parma che ora, grazie alle sue lettere che hanno riportato quello che gli ha detto Giorgio da Lodi, sa di Nardo e del suo andare e venire da Pietro Ungaro, cosa che non gli garba, per cui ha scritto a Mangiavillano di non permettergli di portarsi in quel castello senza licenza ducale. È spiaciuto per gli eccessi contro Bernardo, affine del Colleoni, commessi da quelli di Pozolo: scriverà a Giovanni dalla Noce perché li punisca. Ha scritto al podestà di Tortona di far dare su pegno del vino ai soldati. Ha pure scritto a quelli di Pontecurone e di Viguzzolo perché accettino i cavalli del Colleoni dei quali sono tassati secondo gli ordini che daranno Lancillotto e Ludovico da Bologna.

[ 27r] Lanzalocto de Parma.
Per doe toe littere remanemo advisati di quello ti ha advisato quello Giorgio dalode de quello Nardo, et cetera, al che respondendo te dicemo che maravigliamose di questo suo andare et venire da domino Pedro Ungaro et ne pare ch'el seria da dargli ad intendere ch'el non fa bene. Scrivemo etiamdio a Mangiavillano che non lo lassi praticare né andare più in quello nostro (a) castello senza nostralicentia, et deli advisi che de ciò ne fay te ne commendiamo molto. Lo excesso commisso per l'homini da Pozollo contra Bernardo, affine del magnifico Bartholomeo Coglione, assay ne è spiaciuto, per el che ne scrivemo opportunamente a domino Gioane dala Noxe che gli proveda puniendo quelli che sonno in colpa. Al facto del vino te avisamo, como per nostre littere havimo scripto al nostro podestà nostro de Terdona in bona forma, perché sia dato d'esso vino alli soldati per li loro pegni. Et cossì havemo scripto a Pontecurono et a Vigazolo che debiano acceptare quelli cavalli del dicto Bartholomeo quali gli sonno stati taxati, secondo gli ordinareti ti et Ludovico da Bologna, le quale littere credimo horamay le debii havere havute, siché mò haveray ad attendere ad allozare dicti cavalli, et per tal modo inten(den)dote con dicto Ludovico che più non habiamo ad sentire tanti rincrescimenti, deportandote perhò honestamente et humanamente, siché niuno se possa dignamente lamentare. Data Laude, die xvii ianuarii 1452.
Cichus.


(a) nostro in interlinea.