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752. Francesco Sforza a Pietro Fregoso 1452 ottobre 1 apud Lenum

Francesco Sforza conferma a Pietro Fregoso, doge di Genova, che dal Re di Francia non ha avute altre promesse al di là di quelle a lui note, anche se le offerte francesi di aiuti e favori contro il duca di Savoia e il marchese del Monferrato potrebbero legittimare i sospetti del doge. Può avere per certa la disponibilità del re francese di altri aiuti per il fronte in cui lo Sforza opera; sia lo Sforza che i Fiorentini gli mandarono ambasciatori per sapere se intendeva appoggiare il cognato Re Renato per l'acquisto della Sicilia. Assicura che in tutto si agirà curando che nulla intacchi il presente stato di Genova; gli garantisce la sua posizione in merito all'accordo tra il doge e Giovanni Fillippo Fieschi in base a quanto gli riferisce Sceva de Curte.

Illustri et potenti domino tanquam fratri nostro carissimo domino Petro de Campofregosio, Dei gratia, Ianuensi duci.
Habiamo inteso quanto la vostra illustre signoria ne scrivi per la soa littera de dì xxiiii del presente et quanto etiandio ne ha scripto domino Sceva, et veduto quanto largamente et liberalmente parla [ 273v] et quanto liberamente piglia fede de noy, del che rengratiamo tanto essa vostra illustre signoria quanto sapemo e possemo in questo mondo. E benché habiamo parlato largamente ad questo vostro ambassatore è qui circa queste cose de Franza, como la signoria vostra haverà inteso per soe litere, tamen, perché la signoria vostra ne pare starne dubiosa, vogliamo ancora per questa nostralettera chiarirne essa vostra signoria. Advisamo e certificamo alla illustre signoria vostra che con la mayestà del Re de Franza fino a questo dì (a) non havemo altre promisse né altre obligatione che quelle la excelentia vostra ha vedute, et questo tengala signoria vostra per constantissimo. È ben vero che, vedendo quanto liberalmente la prefata mayestà s'è mossa ad proferirne li adiuti et favori suoy contra el duca de Savoya et marchexe de Monferrà et torne da dosso le offese e molestie ne poteriano dare, trovandosi nuy in questa impresa de qua contra Venetiani, quali sonno pur potenti, como la signoria vostra sa, per obtenire più facilmente de qua, n'è parse acceptare in quelle parte solamente del marchexe de Monferrà et del duca de Savoya dicti adiuti, et non in altro loco; et vedendo como è dicto, quanto largamente dicta mayestà è venuta a torne questa briga del duca de Savoya et marchexe de Monferrà et oltra ciò proferirne se volemo altro adiuto de gente de qua, che nello darà per observantia delle promesse ne ha facte, è parso alli signori Fiorentini et a nuy necessario, per honore nostro, dovere mandare ad essa mayestà ambassatori et a quella rendere debite gratie da tanta liberalità, affectione et amore effectuale, quale verso essi signori Fiorentini et nuy ha monstrato e monstra, et ancora intendere s'ella mayestà soa fa pensiero alcuno verso el re Renato per lo acquisto del reame de Sicilia, como la signoria vostra deve essere stata advisata da Fiorenza, perché cossì ha havuto per littere da Fiorenza questo magnifico ambassatore fiorentino è qui. Et la intentione de signori fiorentini e nostra è che se l'accaderà fare più una cosa che un'altra, tucto sia noto e manifesto alla signoria vostra, e che non se habbia a fare cosa alcuna che prima non [ 273r] sia bene examinata cum la signoria vostra, et che con saputa, ricordo e conseglio della signoria vostra se facia tucto. Et da mò, de questo siamo contenti la signoria vostra staga sotto la fede nostra, perché la troverà in effecto libera e netta et observante, como de vero e liale homo et segnore.
Alla parte dello arbitrio che la signoria vostra ne dà tanto largamente circa li fatti de Zenova de potere fare capitulare et concludere, et cetera, infinitamente rengratiamo la signoria vostra, et quella certificamo che non se farà se non como è dicto de sopra, et haveremo sempre quello reguardo et quello proprio pensiero et cura del'honore, bene e stato della excelentia vostra et della quiete et reposo del presente stato de Zenova in tucto quello haveremo a fare noy, che della persona nostra propria, et non se impazarimo de obligarne la signoria vostra ad alzare bandere, né dare superiorità, né altro, se non quando la signoria vostra haverà inteso tucto fare quello che ad essa (b) parerà il meglio, perché l'honore et bon stato della signoria vostra et de quella città tenerimo fermamente sia nostro proprio.
Alla parte dello accordio de Iohannefilippo, la signoria vostra haverà inteso l'animo et intentione nostra largamente da domino Seva. Perhò non dicimo altro perché speramo che avanti lo recepimento de questa, lo accordio frala signoria vostra et luy haverà havuto loco et ch'el dicto Iohannephilippo sarà obsequente alla signoria vostra. Et quando facesse altramente, che non lo credemo, como scripsemo per l'altre nostre littere alli dì passati, lo maiore inimico che havirà, sarimo nuy quello. Ex campo apud Lenum, primo octobris 1452.
Iacobus Rivoltella.
Cichus.


(a) in interlinea.
(b) Segue piacerà depennato.