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783. Francesco Sforza a Iob de Palazzo 1452 ottobre 8 apud Lenum

Francesco Sforza, in risposta alle lettere di Iob de Palazzo, gli conferma che la buona opinione che Iob gli riporta essere nutrita dal Balivo per lui, non gli suona come una novità e, in contraccambio, lo incarica di riferirgli di aver dato ordine a tutti i condottieri nell'Alessandrino di obbedirgli e che sua volontà è che delle cose di là egli possa fare alto e basso como alui parerà circa quella impresa. Gli comunichi che non gli ha ancora inviato un cavallo, per non averne trovato uno adeguato per lui. Gli dice di essere in attesa dell'esito della pratica della rocchetta del Tanaro e di quel che riferirà al Bayli Antonello da Scalione, per il quale Guglielmo di Monferrato ha chiesto un salvacondotto. Per aderire alle richieste, ha nuovamente ordinato ai Maestri delle entrate di mandare là seicento lance e quattromila frize. Devono fare avere al Bayli i fanti che gli abbisognano, perché il duca non è in grado di assecondarlo. Il duca ha scritto a Genova per i duecento ducati necessari per l'arruolamento di Abbe. Ha visto i suoi capitoli e le sue esose richieste: pretende sessanta lance e cinquecento paghe, quando gli altri conestabili si appagano di duecento paghe e di due o tre lance. Dei duemila ducati di cui fa parola il Balivo, non vale parlarne, stante l'impegno di mezzi richiesto per la lotta contro i Veneziani. È a Leno, dove sono giunti cinquecento balestrieri mandati dal doge di Genova. Per rinforzo ha mandato richieste di squadre dal Parmense, dal Milanese e dal Lodigiano.

Nobili familiari nostro dilecto Iob de Palatio.
Havemo recevute doe toe littere, l'una de dì xxviii, l'altra de xxviiii del passato, et inteso particularmente quanto per esse ne scrive delli progressi dellà: ne restamo advisati et non bisogna dire altro.
Alla parte ch'el magnifico Bayli sia cossì ben disposto verso de nuy, dicemo questa non essere cosa nova, perché havemo cognosciuto et cognoscemo per effecto [ 286r] la magnificentia soa essere molto più desyderosa et volontarosa a sequire quella impresa che s'el fusse facto suo proprio, al quale diray, per nostra parte, como havemo commandato alli nostri sonno in Alexandrina et a tucti quelli nostri conducteri, debiano obedire la magnificencia soa in ogni cosa quanto fariano la persona nostra propria, et che nostra intentione è che la magnificencia soa habbia ad governare et disponere de quelle cose nostre dellà et fare alto e basso como a luy parerà circa quella impresa quanto se li fossemo nuy medesmi, che siamo certi farà meglio che nuy non saperessemo dire, et che speramo in Dio non passarà troppo tempo che lo porremo remunerare de tante fatiche et affani quanti luy dura per nuy. Allo quale ancora diray che non li havemo mandato il cavallo perché non trovamo cosa che ne satisfacia alla mente nostra, et anche perché qui ne sonno molti pochi et, quelli che gli sonno, sonno carissimi, et chi l'hali vuole tenire per sì, tamen se sforzaremo trovarne uno che parerà a nuy essere cosa degna dala magnificencia soa et gli lo mandaremo molto volontera con le barde.
Alla parte della praticha hay de havere la rochetta de Tanaro et del salvoconducto che domanda el signore Guilielmo per Antonello Schalione, ne restamo avisati, et per questa non dicemo altro se non che aspectamo sentire quello seguirà della dicta pratica et quanto haverà referito dicto Antonello al magnifico Bayli.
De mandare là lanze e frize, et cetera, dicemo, como per altre te havemo scripto, havere ordinato alli nostri Magistri del'intrate che mandasseno lì seycento lanze, le quale, siamo certi, haverano mandate et serano gionte lì anzi l'havuta de questa. Nientedemeno de novo gli scrivimo, non havendole mandate, debiano subito mandarle, alli quali ancora scrivemo debiano mandarli iiii mila frize. Siché tu haveray a solicitare li dicti Magistri che li mandano, participandone cum Zorzo d'Annono, nostro locotenente in Alexandria, il quale te saperà chiarire se li serano mandate le lanze o non.
Delli fanti che domanda el magnifico Bayli nuy non se retrovamo al presente in modo che possamo mandarli dicti fanti, siché bisogna se facia como se pò.
[ 286v] Alla parte delli ducento ducati per l'Abbe, nuy havemo scripto a Zenova per la recuperatione d'essi ducento ducati et dubitamo se haverano et sarano mandati fra pochi dì al magnifico Bayli.
Havemo veduti li capituli che domanda esso l'Abbe, li quali, a dire il vero, ne pareno uno pocho deshonesti et ch'el vada fuora del seminato a domandare tante cose como fa. Nuy se credevamo ch'el se volesse condure con ducento paghe et doe o tre lanze, como hanno l'altri nostri conestaveli, li quali sonno pur valorosi, gagliardi, fidati et da bene, che, havendosse reducto a questo, lo haveressemo tolto volontera et factoli ogni bono tractamento, ma volendo sexanta lanze et cinquecento paghe, como domanda, non possemo al presente fare tanta spesa, et quando pur el dicto Abbe se vorrà redure a cose rasonevele, nuy per respecto del magnifico Bayli, lo acceptarimo et li faremo delle cose li piacerano.
Alla parte di domilia ducati dice el magnifico Bayli, et cetera, siamo certi la magnificentia soa dica el vero, ma perché se retrovamo in tanta necessità del dinaro quanta dire se potesse per mantenire queste nostre gente havemo in questa impresa contra Venetiani, non possiamo al presente farli quella provisione. Ben dicemo che quando pur se potesse fare qualche cosa relevata per la quale ne fosse per sequire uno grande utile et commodo al facto nostro, se sforzaressemo de farli ogni provisione del denaro ne fosse possibile, altramente nuy non intraressemo in tale spesa, perché non havemo il modo, como havemo dicto de sopra.
Delle cose de qua te advisamo como nuy siamo qua aleno, dove sonno gionti cinquecento balestreri Zenovesi in campo bene impuncto, li quali ne ha mandati lo illustre signore misser lo duxe et la comunità de Zenova. Nuy se sforzamo tucta via de redunare le nostre gente et de perforzare el campo nostro [ 287r] et havemo mandato per alcune delle squadre nostre che erano in Parmesana, in Milanese et in Lodesana, le quale, venute che siano, speramo fare tal cosa che li inimici nostri ne sarano malcontenti, et de quanto seguirà continuamente te ne advisaremo, acciò ne possi participare col magnifico Bayli. Ex castris nostris felicibus apud Lenum, die viii octobris 1452.
Iacobus Rivoltella.
Iohannes.