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791. Francesco Sforza a Filippone, Stefano, Battista, Giacomo e Goffredo Spinola 1452 ottobre 12 apud Lenum

Francesco Sforza, inteso dalle lettere di Filippone, Stefano, Battista, Giacomo e Goffredo Spinola di essere molestati con ingiurie e danni da Giangaleazzo Trotto e da suo figlio Andrea, li assicura che scrive ai due summenzionati di smettere di dar loro fastidio e se avessero delle controversie con gli Spinola si rivolgano al luogotenente di Alessandria oppure, nel caso che questi a nulla approdasse, si appellino ad Angelo da Rieti, auditore ducale, che risolverà il loro caso.

[ 290v] Spectabilibus viris Filippono, Stephano, Baptiste, Iacobo et Iofredo de Spinolis, carissimis nostris.
Havemo inteso quanto per triplicate vostre littere ne haveti scripto delle molestie che ve fanno Giovanogaleazo Trotto et Andrea, suo figliolo, et delle iniurie, damni et rincrescimenti per loro facti alla villa et homini vostri. Al che, respondendo, dicemo che certamente molto ne dole et rencresce de ogni vostro disturbio et impedimento, el che è facto contra ogni nostra volontà et sapiuta. Et per casone de questo vi advisamo como in questa hora scrivemo alli predicti Giovannegaleazo et figliolo che debbiano desistere da ogni molestia et novità contra de vuy et che vi debbiano relaxare il vostro homo et revocare deinde ogni altra molestia facta, et che debbiano ben vivere et ben vicinare cum vuy, perché, altramente facendo, faranno ad nuy cosa molestissima. Et scrivemoli che, se hanno differentia alcuna cum vuy, che debbiano andare dal nostro locotenente de Alexandria, che la cognoscerà et diffinirà; et quello medesmo dicimo. Et se per caso dicto locotenente non fosse a cognoscere et diffinire dicta differentia, volemo che vuy e loro mandati qua cum le vostre rasone ad misser Angelo da Reate, nostro auditore, per el quale faremo cognoscere et diffinire dicta differentia, ita che da mò inanti non haverano a farve molestia, immo ad vivere pacificamente con vuy insieme, como è nostra intentione. Data in castris nostris felicibus apud Lenum, die xii octobris 1452.
Bonifacius.
Cichus.