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792. Francesco Sforza a Giangaleazzo Trotti e al figlio Andrea 1452 ottobre 11 apud Lenum

Francesco Sforza esprime a Giangaleazzo Trotti e al figlio Andrea il suo disappunto per il pessimo comportamento che hanno, oltre che con la villa, uomini e cose loro, anche con gli stessi Filippone, Stefano, Battista, Giacomo e Goffredo Spinola, genovesi, dimenticando che essi, al par degli altri concittadini, sono favorevoli alle sorti sforzesche, pronti a dare favore et adiuto, come è avvenuto con l'invio in campo di cinquecento balestrieri. Ordina che in considerazione di ciò, Giangaleazzo e il figlio dovrebbero desistere dal dare molestia alle cose et robbe et homini loro. Devono, perciò, lasciare libero quel loro uomo che essi tengono in prigione. Nel caso avessero contrasti con loro, si rivolgano al luogotenente di Alessandria e se questi non fosse in grado di risolvere lalite, adiscano Angelo da Rieti, auditore ducale.

Nobilibus viris Iohannigaleaz de Trottis et Andree, eius filio, carissimis nostris.
Cum grande displicentia havemo inteso che molto sinistramente ve deportati contra Filippono, Stefano (a), Baptista, Iacomo et Iofredo, tucti zintilhomini delli Spinoli, et contrala villa, homini e cose loro, del che grandemente se dolemo et maravegliamo perché, cognoscendo in que termino sonno [ 291r] le cose nostre, presumati fargli molestia né rencrescimento alcuno, quali, et cossì ogni altro zenovese, nuy se sforzamo accarezare et fargli honore et pretio, perché, como sapeti, sonno molto favoreveli a nuy et alle cose nostre in li consegli et per tucto dove bisogna et ne danno favore et adiuto, como pur deveti havere inteso che novamente ne hanno mandato qui in campo cinquecento balestreri bene in puncto, che certamente è grande succorso et adiuto alle cose nostre de qua. Siché considerate queste cose per lo bene nostro, vuy ve doveresti portare altramente et fare che nuy havessemo ogni bona relatione de vuy. Per la qualcosa volemo et cossì ve commettiamo che omnino debiate (b) desistere da fargli più novità né molestia alcuna né alle cose et robbe et homini loro, perché horamay mò troppo ne despiaceria. Immo volemo che debiate revocare ogni novitate facta contraloro, relaxandoli liberamente quello suo homo quale havette presone, et de cetero, per Ii respecti predicti, vivereti costumatamente et humanamente et pacificamente cum loro. Et se forse haveti differentia alcuna cum loro, volemo che habiate recorso al nostro locotenente de Alexandria, quale cognoscerà et levarà via dicta differentia. Et non essendo luy apto a diffinirla, volemo mandiate qua cum le vostre raxone a misser Angelo, nostro auditore, per lo quale faremo cognoscere dicta differentia, como ancora havimo scripto alli predicti zintilhomini, ma como havimo dicto, faciti che più non (c) habiamo ad sentire (d) reclamo de vuy, perché grandemente ne despiaceria. Ex castris nostris felicibus apud Lenum, die xi octobris 1452.
Bonifacius.
Cichus.


(a) Stefano in interlinea.
(b) Segue dese depennato.
(c) Segue ne depennato.
(d) Segue rech depennato.