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805. Francesco Sforza a Sceva de Curte 1452 ottobre 7 apud Lenum

Francesco Sforza esprime a Sceva de Curte, oratore presso il doge di Genova, la sua soddisfazione per l'accordo raggiunto tra detto doge e Giovanni Filippo. Vuole che anche Sceva concorra a fugare ogni dubbio sulle cose di Francia, come ha cercato di fare con il doge.Faccia di tutto per ottenere dal doge trecentomilalire di Genova per la lega, e consentire che il duca si avvalga subito di una rilevante quota di tale somma per dispensare un ducato per cavallo e uno per fante, senza del quale parte della sua gente se ne andrebbe via; solleciti il doge a liberare i millecento ducati che restano lì, in modo che il duca se ne possa giovare. Il duca risponde alle accuse riferite da Teodorino de Cucari al doge per conto di Guglielmo di Monferrato, sottolineando l'iniquità e la malizia con cui si è comportato il monferrino che ha fatto guerra allo Sforza senza darne avviso proclamando fino alla vigilia del conflitto di volere sempre la pace. Il duca si è detto incline a passargli tremila ducati al mese e disposto ad assumerlo ai suoi servizi perché avesse modo di mantenersi, deliberando di cedergli Castell'Arquata e il marchesato di Pellegrino e pronto anche a imparentarsi. Tutto ciò avveniva mentre Luigi di Valperga e Daniele Arrighi, inviati dei due re, in contrasto con le direttive sovrane tramavano contro lo Sforza.

[ 296r] Spectabili militi et doctori domino Seve de Curte, oratori nostro dilectissimo apud illustrem dominum ducem Ianuensem.
Respondendo a quanto ne haveti scripto per le vostre de dì 28 et 29 del passato et de dì primo del presente, dicimo che havimo havuto piacere grandissimo del'accordio concluso fra el signore duxe et misser Iohannefilippo, perché sarà utile et commodo assay alle cose de quello signore et comunità et dellaliga, siché, per nostra parte, volemo rengraciati quello signore et cossì domino Zohannefilippo dellaliberale demonstratione hanno facto l'uno et l'altro in condescendere al dicto accordio per contemplatione nostra, porgendo le cose al'uno et al'altro secondo vi parerà convenire, et como siamo certi sapereti fare bene.
Alla parte delle cose de Franza, in le quale el prefato signore duxe monstra pur non (a) essere ben chiaro, immo havere pur qualche dubio et umbreza circale dicte cose, benché non gli bixogni, tamen per trare via et exterpare ogni dubio, scriviamo al signore duxe una littera (b) della quale ve mandiamo qui inclusa una copia, per la quale ne pare meritamente debbia restare chiara d'ogni dubio. E cossì largamente posseti chiarire vuy a bocha, perché cossì è la propria verità et non altramente, et cossì è la totale dispositione et deliberatione della mente nostra, como in quella se contene. Infinitamente volemo rengraciati la signoria soa dello largo arbitrio ne dà de obligare et promettere per la signoria soa, dalla persona et bachetta in fuora, et cetera, et che non se farà per nuy cosa alcuna se non quello sarà de saputa, piacere, ricordo et volontà della signoria soa. Et in questo ve extendeti largamente in chiarire la mente della signoria soa, perché non porreti fallare né dire se non lo proprio vero, avisandone como sarà remasto dicto signore duxe et quelli citadini per queste nostre littere ben satisfacti et contenti.
Facto quanto havimo dicto de sopra, vogliati cum ogni ingegnio et industria sforzarvi de disponere bene dicto signore duxe et citadini vi parerano alli favori et subsidii nostri, maxime del dinaro, cioè delle ccc milalibre de Zenova, scriveti, perché maiore adiuto e subsidio et più utile non se porrà fare allaliga de questo per obtenire questa impresa, e vogliative sforzare che subito havessemo qui [ 296v] o (a) Milano per littere de cambio qualche quantitate de dinari, che potessemo al presente dare uno ducato per cavallo et uno per fante ad queste gente, perché non porressimo dire in quanta necessitate se trovano queste gente, et dubitamo per la necessitate parte de esse non (a) se ne vadano, che saria disturbare in tucto la victoria nostra. Siché non, como havemo dicto, poneti ogni vostra sollicitudine et studio de farci mandare più quantitate de dinari sia possibile, perché, como havemo dicto, per la necessitate non ne intervenesse qualche sinistro, como dubitamo, che siamo certi non saria nì utile nì grato ad quello signore né ad quella comunità. Et vogliati fare ben intendere a quello signore duxe che magiore utilità sarà alle cose dellaliga queste ccc milalibre ch'el signore duxe operarà, che haveremo senza comperatione alcuna che non serebbe l'armata, et alla signoria soa et ad quella communità multo più facile. Siché poneti tucto el studio et diligentia et sollicitudine vostra, como habbiamo dicto, che siamo adiutati de questo; et vogliatine subito, recevuta questa, responderne que fondamento o speranza possemo havere in questo, et che parte de dinari potessimo havere fra octo di per potere supplire a questa necessitate. Avisandone che, dovendo nuy havere questo adiuto, seria necessario che lo havessemo prestissimo et in questo tempo che ne ha ad giovare, perché havendo a servire cum longheza non ne veneria ad giovare né a fare fructo. Siché per vostre littere de tucto ne vogliate chiarire.
Alla parte delli mille et cento ducati che restino lì, pregati la signoria soa che ne li voglia fare liberare et non (a) voglia la signoria soa per sì pochi denari tante promesse, perché le assignatione soe gli correrano integramente che non gli mancarà cosa alcuna. Siché vogliati fare per ogni modo che, recevuta questa (c), habiamo questi denari.
Alla parte de quello ha dicto al prefato illustre signore duxe quello Theodorino de Cucari per parte del (d) signore Guilielmo, zoè che da nuy è mancato lo accordio et che non [ 297r] ha havuto loco, perché non havemo voluto commettere el facto de Alexandria, nì etiandio havemo voluto fare compromesso generale in li duy re et che per ciò el Baylì haveva rotto guerra, et che dovendo cussì andare le cose che ne vogliamo adiutare cum Franzosi che ancoraluy ha belle treze da maritare et ch'el se zettarà in le braze (e) del Re de Franza et che a questo modo saremo poy liberi, como Dio vorrà, della guerra nostra, ma haveremo tale stecho dato a Lombardia che non se gli torrà cossì de ligiero, et cetera, dicimo che nuy speramo de monstrare (f) al signore Guilielmo che non è cossì savio como luy se dà ad intendere, perché l'è grande differentia a quelli designi che se fanno nello lecto ad quelli che reuscono poy in effecto, dicimo che de quanto ha dicto el dicto Theodorino non dice el vero, perché, siando venuti qualuise de Valperga et Daniel Arrighi, ambassatori della mayestà del Re de Franza et re Renato, per lo accordio d'esso signore Guilielmo, remasimo in (g) compositione de quanto se haveva a tractare et concludere, et tucto condescesemo a fare per reverentia de questi regali che se ne havevano impazati, perché, siandose mosso a farce guerra sì iniquamente, como fece, senza darne adviso nissuno, imo sempre haveva dicto volere ben vicinare et vivere in pace per fine a quello dì che ne roppe la guerra. Non meritava da noy accordio alcuno, ma, como havemo dicto, tucto eravamo contenti de fare, per reverentia de dicti regali, che gli volevamo dare iii mila ducati el mese, como credemo che quello illustre signore duxe debbia havere inteso. Ancora remasemo contenti che quelle terre che ne haveva tolto da poy rottala guerra fossero remesse in arbitrio delli prefati duy re, et ancora de condurlo ad nostri soldi, perché havesse casone de mantenerse et dargli Castelarquà et lo marchesato de Pelegrino, adcioch'el intendesse che non havevamo desyderio né ambitione de torre cosa alcuna al prefato signore marchexe né ad gintilhomo nissuno. Et ancora poy per monstrarli più la nostra bona volontà, noy siamo condescesi a dargli una figliola de Alexandro, nostro fratello, et in ogne cosa sempre è andato et cum simulatione et cum vitio, et may non è venuto ad nissuna conclusione né effecto, immo ha delezato. Et dicti Aluyse de Valperga et Daniello hanno in questo operato el contrario della volontà de questi duy Re, vogliando favorire el signore Guilielmo como amici soy et partesani, [ 297v] et disfavorire el nostro. Siamo certi quando sarano in corte ne haverano poco laude et poca commendatione delle mayestate loro, et accorgeranose havere facto male. Siché vediate cum quanta iniquità et malitia è andato el prefato signore Guilielmo in queste cose, et sforzatosi de darci incarico et infamia et in Franza et per tucto, unde havemo deliberato non volere più pratica cum luy, et cussì l'havemo tagliata. Et se haverà cossì belle terze, como dice, ad casa, gli se apparerà, avisandone che delle terre nostre, quale eravamo in possessione pacifica quando facessemo laligha cum la serenissima mayestate del Re de Franza, nostra intentione è al signore Guilielmo non lassarli uno minimo quarto de merlo, et staressimo prima a sententia perdere zò che havimo al mondo che lassarli uno minimo merlo de quello è nostro. Vuy posseti mò advisare lo illustre signore duxe et respondergli et dirgli como la cosa è passata, et non bisogna che Daniello se affaticha in questa cosa, perché nuy havemo ad havere tucto quello adiuto et favore della mayestà del Re che ne sarà expediente et necessario ad reacquistare el nostro et offendere li nostri inimici quali ne fanno guerra. Ex castris nostris felicibus apud Lenum, die vii octobris 1452. (h)
Iohannes de Ulesis.
Dupplicata die xviii octobris prope Lenum.
Cichus.


(a) non in interlinea.
(b) littera in interlinea su copia depennato.
(c) questa in interlinea.
(d) Segue illustre depennato.
(e) in le braze in interlinea.
(f) Segue intendere depennato.
(g) Segue conclusione depennato.
(h) A margine: Littera directiva illustri domino duci Ianue pro materia de qua hic scribitur est registrata in folio 288 attergo in presenti libro.