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844. Francesco Sforza a Giovanni Filippo Fieschi 1452 ottobre 18 apud Lenum

Francesco Sforza attesta a Giovanni Filippo Fieschi che dalle lettere dell'oratore fiorentino a Genova, da quelle del suo oratore Sceva e dalle personali sue lettere gli è ben noto il suo attaccamento alui e al suo stato e ben sa che, per la benevolenza che ha verso lui, si è indotto a un accordo con il doge. Tali suoi sentimenti egli li ripaga e di lui non ha altra stima che de Alexandro (suo) fratello, e se avrà i successi che spera, gli attesterà tale stima, ripagandolo anche di qualche scropulo, come ... de certe honorantie de officieti, che ha dovuto tollerare per arrivare all'accordo. Lo assicura che se tutte le cose andranno per il meglio, lui (Sforza) avrà modo di potere dare offici et altro agli amici suoi.

Magnifico tanquam fratri et amico nostro carissimo domino Iohannifilippo de Flischo, Lavanie comiti, et cetera.
Sì per littere del magnifico oratore fiorentino quale è ad Zenova, sì per littere de domino Sceva, nostro dilectissimo oratore, sì etiam per più vostre, havemo inteso la [ 310r] singulare et inconcussa devotione e fede vostra verso de nuy et lo stato nostro, et quanto, per nostro amore, ve setti facilmente conducto al'accordio cum lo illustre signore misser lo duxe, della qual cosa havemo per più respecti grande consolatione et contentamento. La benivolentia in nuy vostra non c'è cosa nova, ma horamay è tanto antiqua et tanto reciprocamente firmata che de vuy non facemo altra stima che de Alexandro, nostro fratello, et speramo in Dio havere tali successi che meglio vi porrimo monstrare cum effecti la nostra verso vuy sincera et fraterna affectione. Interim in tucte le vostre cose, che sonno nostre proprie, etiam se le cose non andasseno in tucto a vostro modo, vi confortiamo e pregamo habiati per nostro amore patientia et bona prudentia, et se in lo dicto accordio ce fosse remasto qualche scropulo, como sentiamo de certe honorantie de officieti, et cetera, per Dio, non guardate a quello, et fati lo dicto accordio compitamente in tucto, non guardando a tale cose, piuttosto a nuy, il quale, per la Dio gratia, havimo et haverimo de potere dare presto et officii et altro alli amici vostri. Fra questo mezo se acconzarà il tempo et non dubitati li facti vostri non possono passare altro che bene, se passarano bene li nostri, como crediamo debbiati havere inteso da essi ambassatori, alli quali speramo habiati dato, et sempre poteti dare, solida e piena fede, perché sonno, maxime esso misser Sceva, apieno informati della mente nostra. Ex castris nostris felicibus apud Lenum, die xviii octobris 1452.
Ser Iohannes de Ulesis.
Dupplicata prope Calvisanum castris nostris felicibus, die xxiii octobris 1452.
Cichus.