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981. Francesco Sforza a Pietro Campofregoso 1452 dicembre 19 Cremona

Francesco Sforza, assicurato Pietro Campofregoso, doge di Genova, che in lui troverà sempre effecto et realità, riviene sulla sollecitazione fatta dai Fiorentini al doge di mandare un ambasciatore dal duca, ambasciatore che manderà dopo l'arrivo degli inviati fiorentini, attualmente sono a Mantova, in modo che possa sentire la loro relazione, per poi riferirla al doge che invierà i suoi ambasciatore. Il duca auspica che, anziché quarantamila faccia avere cinquantamila ducati consentendo al duca di fare cose che gli piaceranno. Ritiene che non sia da far molto caso del fatto di Bordes, dato che gli ambasciatori, di ritorno dal re, hanno riferito che lui stesso asserisce di non avere difficoltà a ricuperare la cosa in modo da dare aiuti a nuy del canto de qua, e ha aggiunto loro di far ritorno in gennaio con l'ambasciatore sforzesco perché farebbe cose grate alla lega. Dovendo mandare il suo ambasciatore con quelli fiorentini, il duca chiede al doge come deve sistemare questa faccenda di Genova in modo da soddisfarlo. Gli dice che gli ambasciatori francesi gli hanno rivelato che il re vorrebbe che fra lo Sforza e Guglielmo di Monferrato si addivenisse alla pace, ma Guglielmo pretende Alessandria. La risposta ducale è stata che l'onore del re avrebbe dovuto, all'opposto, pretendere la restituzione di tutte quelle cose che aveva tolte dopo la conclusione della lega fra il re e lui. Su tutto ciò si era a lungo discusso con Guglielmo senza arrivare a una conclusione. Il re gli ha mandato a precisare che desiderava la pace, purché avvenisse con onore e vantaggio del duca, altrimenti facesse quello gli pare meglio. Nel frattempo il Colleoni, con circa quindici squadre di gente d'arme e un buon numero di fanti con altre squadre che sono nell'Alessandrino, si muoverà contro Guglielmo facendogli mutar atteggiamento, certo che al ritorno dell'inviato sforzesco si saprà che il re ha fatto intendere che si restituiscano allo Sforza le cose sue.

Illustri domino tanquam fratri carissimo domino Petro de Campofregoso, Dei gratia duci Ianuensi.
Havimo veduto quanto la signoria vostra ne ha scrito per soa de dì xi del presente, alla quale respondendo, dicemo che, alla prima parte d'essa vostra, non bisogna che se extendiamo altramente in dare resposta ad essa signoria vostra, perché quella troverà sempre in nuy effecto et realità.
Quello che signori Fiorentini hanno scripto alla signoria vostra, cioè che essa dia ordine che con nuy se ritrovi uno suo ambassatore, havimo inteso. Ad nuy pare che, primala signoria vostra mandalo dicto ambassatore, che aspectiamo questi ambassatori Fiorentini, li quali, como credimo havereti inteso, vengono da nuy de presenti, et mò credimo che se debiano retrovare a Mantoa per venire da nuy et intendere quello loro portano et della relatione che ne haverano facta, avisare poy la signoria vostra, acciochè essa cum più maturità possa mandare li suoy ambassatori meglio instructi da nuy per seguire li remedii delle cose che haverano da fare quanto più presto sia possibile in modo che, como la signoria vostra recorda, el tempo non ce venga a mancare, ma piutosto ad avanzare.
Circa il facto delli xl mila ducati che la signoria vostra spera se cavarano dellà a questo bono tempo, havimo inteso quello scriveti; pregamo et confortamo la signoria vostra quanto possimo e (a) sapimo che gli piaza, per quello megliore modo e via che gli pare, tirare la cosa in L mila ducati, perché cum questi et altre vie che haveremo, speramo de fare tale e sì facte cose che la signoria vostra ne haverà sommo piacere et consolatione, et sarà secondo il desyderio et bisogno della signoria vostra et nostro.
Del facto de Bordes advisamo la signoria vostra che a Fiorenza non bisogna se ne faza troppo caso, consyderato che questi ambassatori che sonno retornati ne hanno referito che la mayestà del Re gli dixe che non faceria difficultà de recupare quella cosa et redirezare le cose dellà in modo che [ 359v] facilmente porria dare degli adiuti e favori a nuy del canto de qua, et che gli dixe che dovesseno retornare dalla mayestà soa per tucto lo mese de zenaro insieme cum lo nostro ambassatore, et allora cum commodità et acconzo attenderia alle cose che erano da fare et che faria delle cose che sariano grate allaliga nostra. Et circa ciò habiano trovato la prefata mayestà bene disposta et inclinata tanto quanto dire se potesse. Pregamo la signoria vostra perché, como per altra nostra gli havimo scripto, nuy havemo ad remandare el nostro ambassatore insieme cum quelli d'essi signori Fiorentini dalla prefata mayestà, che gli piaza avisarne della soa opinione e pensero in che modo gli pare che habiamo a guidare et adaptare questa cosa de Zenoa, perché possiamo satisfare al desyderio e bisogno vostro, perché, secondo el parere recordo et volontà della signoria vostra, se governarimo e farimo cum effecto et realità molto più per lo facto della signoria vostra che per nuy stessi, perché facendo per la signoria vostra ne pare de fare per nuy stessi. Et cossì siamo certi che quello fala signoria vostra per nuy tene de farlo per se stessa, avisando la signoria vostra che nuy speramo de condure la cosa al desyderio vostro e nostro. Ma perché la cosa è de grandeza e sustantia assay, pregamo la signoria vostra ne voglia consigliare e dire ogni suo pensiero et opinione, iudicio e parere, tanto circalo facto della signoria vostra, quanto nostro, perché ne sarà gratissimo et acceptissimo.
Circalo facto del signor Guielmo, avisamo la signoria vostra como qui da nuy sonno stati li ambassatori della serenissima mayestà del re de Franza, quali ne hanno referito che la mayestà del Re haverà summo piacere che fra esso signore et nuy sequesse accordio e pace, et ne hanno dicto ch'el prefato signor Guielmo ne domandaria Alexandria. Nuy gli havimo resposto che l'honore della prefata mayestate rechiede che da esso signor Guielmo ne siano restituite tucte quelle cose che ne ha tolte dapoy [ 360r] seguì la intelligentia e liga frala prefata mayestà et nuy. Et siando fraloro e nuy circa queste cose dicte e resonate molte cose, pur non hanno saputo tornare bene aptitudine circa questo accordio. Il perché li dicti ambassatori se sonno andati, zoè el reverendissimo monsignore de Tours a Roma, et Iohanne Cossa a Fiorenza per retornare poy de qua, et hanno scripto alla mayestà del Re. Comprendiamo questa ambassatala prefata mayestà ha mandata per la importunità che hanno usatalo marchexe et signore Guielmo, perché non gli era niuno che dicesse la rasone nostra, et gli hanno dato ad intendere molte e molte cose che non sonno vere, perché poy la prefata mayestà ne ha mandato a dire per uno delli suoy, et cossì scripto, che haveria caro che frali dicti de Monferrà e nuy sequisse pace, potendose fare cum nostro honore et avantagio et che, quando non potesse seguire cossì, che faciano quello ne pare el meglio. Il perché havemo deliberato mandare uno dalla prefata mayestà per dire le rasone nostre, perché siamo certi che como la mayestà l'haverà intese, sarà d'altra opinione. Et nondimanco avisamo la signoria vostra che nuy (b) de presente mandamo el magnifico Bartholomeo Colione cum circa xv squadre de gente d'arme et cum una bona frocta de fanti, et questi insieme cum quelle altre squadre che havimo in Alexandrina contra quelli de Monferrà, et speramo che, in questo mezo ch'el messo nostro andarà et tornarà da essa mayestà, esso magnifico Bartholomeo farà in modo ch'esso signore Guielmo saria contento ha-verne renducto le cose nostre, quattro mesi sonno, et sopratucto ch'el usarà altre parole che non usa adesso. Poy, como el messo nostro sarà retornato, circa el facto della pace faremo quello vorrà la prefata mayestà, perché siamo certi ch'essa mayestà gli mandarà a dire ch'el ne debbia restituire le cose nostre, le quale ne ha tolte dapoy laligha et intelligentia seguita fra dicta mayestà et nuy. Et gli doverà ben bastare ch'essa mayestà non voglia guardare più ultra del mancamento ch'el gli ha facto in havere rocto le promesse che sonno frala prefata mayestà e nuy, et cossì che nuy non vogliamo reconoscere altro delle iniurie et offese che ne ha facte.
Ulterius, perché la signoria vostra intendali modi et arte che tene lo signore Guielmo et li fructi che va daendo alli amici, gli mandiamo la copia de una scrita che havemo havuta. Ex Cremona, die xviiii decembris 1452.
(c) Persanctes.
Cichus.


(a) Segue possim depennato.
(b) Segue che depennato.
(c) Precede Iohannes Antonius depennato.